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"Legittime le benedizioni religiose a scuola": la sentenza su un caso a Bologna

(fotogramma)
Il Consiglio di Stato ribalta una sentenza del Tar. Il giudice: "Fuori dall'orario scolastico non incidono sull'attività didattica". Il caso finì sul New York Times. La legale dei ricorrenti: "Ora andremo alla Corte europea"
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BOLOGNA - Le benedizioni a scuola, fuori dalle lezioni e facoltative, sono legittime. Lo stabilisce il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso del ministero dell'Istruzione e ribaltando la decisione del Tar Emilia-Romagna che aveva annullato la delibera con cui un consiglio di istituto di Bologna le aveva autorizzate. Per i giudici il rito non può "in alcun modo incidere sullo svolgimento della didattica e della vita scolastica in generale" e questo "non diversamente" da altre attività "parascolastiche". Una decisione che "appare saggia, equilibrata e rispettosa della vera laicità della scuola, che non può mai essere contro qualcuno" dice in una dichiarazione il professor Adriano Guarnieri, portavoce della diocesi di Bologna guidata dall'arcivescovo Matteo Zuppi Il caso era scoppiato due anni fa, quando tre parroci della zona dell'istituto comprensivo 20 di Bologna (le scuole primarie Fortuzzi, Carducci e medie Rolandino) avevano chiesto di poter benedire per Pasqua le aule e la comunità scolastica. Il consiglio di istituto, presieduto da Giovanni Prodi, nipote dell'ex premier, aveva autorizzato il rito religioso, che si è svolto a marzo 2015, non senza accendere un durissimo scontro in città tra laici e cattolici. Una polemica arrivata al Tar, su ricorso presentato da un gruppo di maestri e genitori, appoggiato dal comitato Scuola e Costituzione. Un caso che aveva fatto anche il giro del mondo, con un articolo sul New York Times. In America, infatti, il dibattito è sentito: fino a che punto la religione può entrare nella vita pubblica? Bologna non è stata da meno.

IL CASO Quelle benedizioni in Comune: ira Cgil

In primo grado il tribunale amministrativo dell'Emilia Romagna aveva accolto le ragioni dei ricorrenti, un anno fa, dicendo che la scuola non poteva essere coinvolta in un rito attinente unicamente alla sfera individuale di ciascuno. Ora però la sesta sezione del Consiglio di Stato (presidente Sergio Santoro) all'esito dell'udienza del 20 dicembre afferma che le benedizioni non incidono sulla vita scolastica, "non diversamente dalle diverse attività 'parascolastiche' che, oltretutto, possono essere programmate o autorizzate dagli organi di autonomia delle singole scuole anche senza una formale delibera".
Secondo i giudici il rito, per chi intende praticarlo, "ha senso in quanto celebrato in un luogo determinato, mentre non avrebbe senso (o, comunque, il medesimo senso) se celebrato altrove; e ciò spiega il motivo per cui possa chiedersi che esso si svolga nelle scuole, alla presenza di chi vi acconsente e fuori dall'orario scolastico, senza che ciò possa minimamente ledere, neppure indirettamente, il pensiero o il sentimento, religioso o no, di chiunque altro che, pur appartenente alla medesima comunità, non condivida quel medesimo pensiero e che dunque, non partecipando all'evento, non possa in alcun senso sentirsi leso da esso".

Inoltre "non può logicamente attribuirsi al rito delle benedizioni pasquali", con i limiti stabiliti in questo caso, "un trattamento deteriore rispetto ad altre diverse attività 'parascolastiche' non aventi alcun nesso con la religione". "C'è da chiedersi - prosegue la sentenza - come sia possibile che un (minimo) impiego di tempo sottratto alle ordinarie e le attività scolastiche, sia del tutto legittimo o tollerabile se rivolto a consentire la partecipazione degli studenti" ad attività culturali, sportive o ricreative "mentre si trasformi, invece, in un non consentito dispendio di tempo se relativo ad un evento di natura religiosa, oltretutto rigorosamente al di fuori dell'orario scolastico". I giudici aggiungono quindi che "per un elementare principio di non discriminazione, non può attribuirsi alla natura religiosa di un'attività, una valenza negativa tale da renderla vietata o intollerabile unicamente perché espressione di una fede religiosa, mentre, se non avesse tale carattere, sarebbe ritenuta ammissibile e legittima". E' la stessa Costituzione, nell'articolo 20, si ricorda, a porre "un divieto di trattamento deteriore, sotto ogni aspetto, delle manifestazioni religiose in quanto tali".

I ricorrenti: ci rivolgeremo alla Corte europea. "Una sentenza capziosa e che riscrive a suo modo il diritto scolastico e soprattutto il diritto canonico: si sostiene che è una benedizione di un luogo che va fatta con la comunità", replica l'avvocato Milli Virgilio. "Dunque qualunque rito religioso può essere celebrato a scuola?".  La sentenza è definitiva, ma i ricorrenti promettono: "Andremo alla Corte europea dei diritti dell'uomo". "Non siamo ovviamente soddisfatti di questa sentenza. Crediamo che la scuola debba essere laica esattamente come lo è lo Stato - dichiara la maestra Monica Fontanelli, che ha firmato il ricorso  - In ogni caso questa sentenza stabilisce un principio estremamente importante: non si possono fare benedizioni durante l'orario scolastico, pertanto ci aspettiamo che in nessuna scuola delle Repubblica siano celebrate funzioni religiose o benedizioni durante l'orario dell'attività scolastica".
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