Milano

'Ndrangheta, 24 arresti: il sindaco di Seregno ai domiciliari, Mantovani indagato per corruzione

I filmati dei carabinieri  (fotogramma)
Sono in tutto 27 le misure cautelari emesse dai gip di Milano e Monza in una inchiesta che tocca due ambiti, quello del traffico di droga ed estorsioni e quello politico. Edoardo Mazza è accusato di corruzione: avrebbe favorito gli affari di un imprenditore legato alle cosche in cambio di voti. Intercettato gli disse: "Ogni promessa è debito". E c'era una talpa in procura
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Dal traffico internazionale di droga alla corruzione, dalla Calabria alla Lombardia, fino a una cittadina della Brianza, quella di Seregno, dove nell'ultimo blitz contro le infiltrazione della 'ndrangheta al nord, ai domiciliari finisce anche il sindaco di Forza Italia, Edoardo Mazza. E' accusato di corruzione per aver favorito gli affari di un noto costruttore ritenuto legato alle cosche (che poteva contare anche su una talpa in procura e "lo trattava come uno zerbino"), interessato in particolare alla costruzione di un centro commerciale, in cambio di voti. In un rapporto tra criminalità organizzata e politica, che secondo gli inquirenti, è stato determinante per la sua stessa elezione.
 

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Due le anime dell'inchiesta: una criminale, di droga ed estorsioni, una appunto tutta politica, cui si è arrivati seguendo la prima. Con l'ex vicepresidente della Regione Lombardia di Forza Italia, Mario Mantovani, già arrestato due anni fa in un'altra inchiesta e tornato al suo posto in Consiglio, indagato per corruzione (non gli vengono contestati reati di mafia) in un filone dell'indagine sempre per i suoi rapporti con l'imprenditore-amico Antonio Lugarà. Stando all'ordinanza, Mantovani sarebbe stato "all' epoca il politico di riferimento di Lugarà". I suoi uffici sono stati perquisiti in mattinata, in una inchiesta, quella di oggi, che dimostra, per dirla con il procuratore aggiunto della Dda di Milano Ilda Boccassini, "la facilità estrema della 'ndrangheta di infiltrarsi nel tessuto istituzionale". In arresto, anche un dipendente della procura: l'accusa è di rivelazione di segreti d'ufficio.

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Il blitz. I carabinieri del Comando provinciale di Milano hanno eseguito gli arresti alle prime luci dell'alba nelle province di Monza, Milano, Pavia, Como e Reggio Calabria. L'inchiesta è coordinata dalla procura di Monza e dalla procura distrettuale Antimafia di Milano. In tutto, 27 misure cautelari: 21 in carcere, 3 ai domiciliari e 3 interdittive, firmate dai gip Pierangela Renda e Marco Del Vecchio. Le accuse: associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamento (tutti aggravati dal metodo mafioso), associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, abuso d'ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento personale.

'Ndrangheta in Comune. Ai domiciliari il sindaco di Seregno, accusato di corruzione per aver favorito gli affari del costruttore (in carcere) che a sua volta si sarebbe doperato per procurargli voti e ottenere dal
politico, una volta diventato primo cittadino, una 'speciale' variante al piano urbanistico comunale e una "risoluzione celere della pratica urbanistica" per la costruzione di un centro commerciale dell'ex area Orto che aveva una diversa destinazione d'uso nel comune della Brianza. Ma a spianare la strada agli interessi di Lugarà, in Comune, avrebbero partecipato in diversi. Nell'inchiesta, tra l'altro, sono coinvolti anche altri due politici locali di Seregno: un consigliere comunale è agli arresti domiciliari, mentre per un assessore, Gianfranco Ciafrone, è stata disposta l'interdizione dai pubblici uffici. Dalle indagini è emerso anche che uno dei dirigenti del Comune di Seregno (il cui nome viene omesso perché nel frattempo deceduto) riceveva donne con cui aveva rapporti sessuali negli uffici municipali. A raccontarlo è la moglie che parla delle "frequentazioni con giovani donne provenienti dall'est europeo, addirittura da lui ricevute sovente presso l'ufficio del Comune". Queste rivelazioni, scrive il gip di Monza, "sono confermate dai controlli operati sul territorio dalle forze dell'ordine, che accertavano la disponibilità della vettura dell'indagato in capo a discussi cittadini di origine albanese". 
 

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Boccassini: "'Ndrangheta come sistema, estrema facilità infiltrazione". Dopo "7 anni" di indagini sulla 'ndrangheta in Lombardia "posso dire che c'è un sistema" fatto di "omertà" e di "convenienza da parte di quelli che si rivolgono all'anti Stato per avere benefici. E' facile per le cosche "infiltrarsi nel tessuto istituzionale". Lo dice Boccassini spiegando i dettagli del maxi blitz che ha portato anche all'individuazione di una delle persone che era rimasta fuori dagli arresti dell'operazione 'Infinito' del 2010 (da dove tutto prende il via) e che partecipò in quell'anno al noto summit in un centro intitolato alla memoria di Falcone e Borsellino. Uno dei dati emersi dalle indagini, è inoltre, "purtroppo - sottolinea Bocassini - è la violenza gratuita" manifestata dagli affiliati alle cosche. La  pm Alessandra Dolci, a questo proposito, dice: "La mafia non è silente. Non lo è al sud e nemmeno al nord. È così poco silente che nella piazza centrale di Cantù ci sono pestaggi, violenze e soprusi della 'ndrangheta senza alcun ritegno".

Gli sviluppi dell'inchiesta. L'inchiesta dei carabinieri, partita nel 2015 (che porta la firma dei pm monzesi Salvatore Bellomo, Giulia Rizzo e del procuratore della Repubblica di Monza Luisa Zanetti e dei pm della Dia Alessandra Dolci, Sara Ombra e Ilda Boccasini), rappresenta infatti una costola dell'indagine "Infinito", che nel 2010, sempre coordinata dalle procure di Monza e Milano, aveva inferto un duro colpo alle "Locali" 'ndranghetiste in Lombardia. Indagando sui personaggi coinvolti nel traffico di droga e nelle estorsioni si è arrivati all'imprenditore, personaggio che - secondo le accuse - lega a "doppio filo" politica e 'ndrangheta. Lugarà avrebbe intrattenuto rapporti con politici del territorio, e coltivato frequentazioni e rapporti fatti di reciproci scambi di favori con esponenti della criminalità organizzata. Il suo ruolo sarebbe stato "determinante" per l'elezione del sindaco arrestato. "Ogni promessa è debito", dice il sindaco intercettato a Lagarà, ritenuto amico fraterno di Mantovani.

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Il ruolo di Mantovani. Secondo le accuse, il sindaco di Seregno  "riceveva" da parte del costruttore "la disponibilità e l'impegno a procurare consenso elettorale e l'appoggio politico durante la campagna elettorale del maggio- giugno 2015 per l'elezione in suo favore e delle persone a lui politicamente vicine - si legge nell'ordinanza del gip - in particolare, Lugarà gli ha procurato numerosi voti, organizzato eventi conviviali, nonché assicurato l'appoggio di Mario Mantovani al fine di sponsorizzare e reperire il consenso per il futuro sindaco". "Ciao Mario ti ringrazio molto per la vittoria di Seregno è anche merito tuo quando puoi ti vorrei incontrare": questo il testo di un sms che l'imprenditore invia al consigliere regionale. Stando a quanto emerso, inoltre, alcuni medici degli ospedali di Desio e Monza avrebbero chiesto a Lugarà di intercedere con Mantovani, allora assessore regionale alla Sanità, per diventare primari (tentativo non riuscito) o ottenere il trasferimento, circostanza che si è poi verificata. Il consigliere respinge tutte le accuse e chiede di essere ascoltato dai pm. "Temo di essere parte lesa", dice, annunciando querele a chi, dopo la notizia, nel commentare "insulta".

La talpa in procura. Ai domiciliari, oggi, è finito anche un dipendente dell'Ufficio affari semplici della procura di Monza con l'accusa di rivelazione di segreti d'ufficio. "Attraverso le sue credenziali accedeva alla nostra banca dati - racconta il procuratore Luisa Zanetti - e rispondeva alle domande dell'imprenditore. Viene ascoltato mentre elenca gli indagati davanti alla nostra schermata, poi abbiamo una fotografia che inquadra l'imprenditore con il nostro dipendente. Giuseppe Carello ha violato la fiducia del procuratore e del personale giudiziario ed amministrativo che sono totalmente estranei ai fatto. Ha violato il giuramento alle istituzioni".

Droga ed estorsioni. Per quanto riguarda invece la parte dell'inchiesta che non riguarda le istituzioni, secondo le indagini, i presunti esponenti della 'ndrangheta arrestati stamane erano dediti al traffico di droga e alle estorsioni. Le indagini hanno portato all'identificazione del sodalizio legato alla Locale della 'ndrangheta di Limbiate (Monza) composto da soggetti prevalentemente originari di San Luca (Reggio Calabria), che secondo l'accusa aveva avviato in provincia di Como un ingente traffico di cocaina, ed è ritenuto responsabile di alcuni episodi di violente estorsioni nella zona di Cantù. "Vogliono mettere in piedi San Luca (...) San Luca a Milano ... al nord" (il riferimento è a San Luca, piccolo comune in provincia di Reggio Calabria). Così uno degli arrestati parlava delle mire espansionistiche delle cosche in relazione ad un grosso traffico di cocaina nel Comasco. In altre telefonate captate dagli investigatori i presunti affiliati alla 'ndrangheta parlavano anche di "mitra" e "kalashnikov".

Le reazioni. "La 'ndrangheta è l'associazione mafiosa più pericolosa perché si insinua nel tessuto economico e ha rapporti con le istituzioni. Chi ci casca, è giusto che venga estromesso immediatamente dalla politica e dalle istituzioni. Noi siamo con la magistratura". Così il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, il primo a dire la sua, seguito dalle scontate reazioni politiche. "L'omertà della politica è ben più grave di quella dei normali cittadini", dice il segretario regionale lombardo del Pd, Alessandro Alfieri, mentre il M5s si scaglia contro i "legami sempre più forti tra mafie e politica". La Lega: "Non facciamo sconti a nessuno quando si parla di mafia: via subito chiunque abbia rapporti con la criminalità organizzata".

La voce di Forza Italia. Le prime reazioni di Forza Italia sono arrivate da un fedelissimo di Mantovani, il parlamentare Luca Squeri: "Abbinare il nome di Mario Mantovani alla 'ndrangheta è semplicemente ridicolo". Passa qualche ora e arriva il commento della coordinatrice lombarda azzurra, Maristella Gelmini, che distingue la posizione del sindaco di Seregno da quella di Mantovani. "Personalmente auspico che il sindaco di Seregno possa chiarire in tempi brevi la sua posizione - spiega la Gelmini -  se così non fosse, un passo indietro sarebbe doveroso per restituire serenità e credibilità alla vita amministrativa e alle istituzioni". Ma quanto a Mantovani precisa: "In questa vicenda appare sostanzialmente estraneo. Non si può accostare indebitamente il suo nome".

Le querele. Ma è con Andrea Fiasconaro (M5S) e Pierfrancesco Majorino (Pd) che se la prende lo stesso Mantovani: "Leggo i giudizi e gli insulti che in queste ore mi rivolgono, sono solo offese da parte di chi non conosce nulla di ciò che viene contestato: è puro sciacallaggio politico". Fiasconaro lo chiama "mela marcia
che deve essere estirpata dalle istituzioni", ed "ex braccio destro di Maroni che ha timbrato il cartellino in quasi tutti gli scandali che hanno investito la Regione. Ora ci aspettiamo un Daspo definitivo da parte del governatore". L'assessore comunale Majorino parla invece di "due dei più assatanati protagonisti della caccia al migrante per ragioni di legalità e sicurezza dei nostri territori, il sindaco di Seregno e l'ex numero due di Maroni, sono coinvolti in vicende connesse alle inchieste che hanno portato anche ad arresti per 'ndrangheta. E ho detto tutto".
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