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Politica

Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan, parole grosse per smorzare Bruxelles

Ansa
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“Un'Italia capace di fare le riforme a casa propria è più autorevole in Europa”. Una frase che Matteo Renzi più volte, negli ultimi tempi, ha ripetuto. Tuttavia, mai come in questi giorni rende evidente quanto siano legati i due fronti - le due “battaglie storiche” per dirla con le sue parole - che il premier sta combattendo: quella a Bruxelles sulla legge di Bilancio e quella in Italia sul referendum.

Vincere l’una per vincere anche l’altra. E viceversa. Come mai in passato, il presidente del Consiglio sta facendo la voce grossa con l’Europa. E non soltanto lui. Perché le sue parole fanno il paio con quelle del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che, in un’intervista a ‘Repubblica’ – sentenzia che se l’Ue dovesse bocciare la manovra italiana “sarebbe l’inizio della fine”. Un intervento di cui, ovviamente, il premier era al corrente.

Tecnicamente, la disputa si gioca sullo 0,1% del Pil, ossia 1,6 miliardi di euro. Già domani potrebbe arrivare all’Italia (e ad altri cinque Paesi) la lettera con una richiesta di chiarimenti da parte di Bruxelles. I dubbi, sul fronte delle entrate, riguarderebbero le troppe una-tantum, mentre tra le uscite le perplessità ricadrebbero soprattutto sul piano nazionale di salvaguardia antisismica, considerato strutturale e non emergenziale.

Di fronte all’arrivo della missiva, sostanzialmente, Renzi scrolla le spalle e sminuisce. "Quante volte l'ha mandata? Sempre. A quanti Paesi? Almeno 5 o 6. E' il fisiologico dialogo tra istituzioni", afferma. Quanto a quel controverso 0,1% più, il presidente del Consiglio sostiene che non sta lì in punto della questione. "Io – spiega - voglio difendere l'Italia, nella battaglia storica perchè il bilancio europeo tenga insieme diritti e doveri”. Un tema che si ricollega, nelle parole del presidente del Consiglio, anche a quello dell’accoglienza. "Non stiamo litigando con l’Europa. Stiamo dicendo – insiste - che in passato l'Italia ha detto sempre di sì a tutto, ma noi siamo contributori dell’Europa: ogni anno diamo 20 miliardi e ne riprendiamo solo 12. Possiamo cominciare a far sì che quelli che prendono i soldi prendano anche i migranti? Ma i Paesi dell'Est salvati dalla Ue oggi chiudono le porte”.

Certo, spiegano fonti Pd, nello scegliere dei toni così duri, non è stata estranea a Renzi la consapevolezza di quanta presa la battaglia contro l’Europa-matrigna abbia su una parte dell’elettorato. Soprattutto, a destra. Dove, per ammissione dello stesso premier, è necessario andare a pescare se si vuole vincere il referendum costituzionale. Dalle opposizioni parlamentari, però, arriva anche un’altra accusa: quella di aver riempito il decreto fiscale di mance e marchette “per accalappiare consenso ai fini del referendum” (parole di Brunetta). Ed ecco che le due battaglie tornano ad incrociarsi.

A quelle stesse opposizioni, tuttavia, Renzi, lancia un appello affinché condividano la sfida europea. "Io spero – afferma - che la nostra proposta di rimettere in discussione il bilancio europeo e le regole economiche venga portata avanti anche a dispetto del referendum: nel 2017 discuteremo del Fiscal compact" che dovrà o meno essere inserito nei Trattati. “Spero – insiste – che tutto il Paese ci sia su questi temi”.

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