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Cultura

Nel "Trump Day", le polaroid della protesta scattate da Micol Sabbadini

Inauguration Day andato. All'indomani dell’insediamento di Donald Trump a Washington - che ha giurato alle dodici del mattino ora locale (alle 18 in Italia) davanti al presidente della Corte Suprema John Roberts e sulla Bibbia di Lincoln, quello a non essere pronto per il suo arrivo alla Casa Bianca, a ben vedere, è il popolo americano, lo stesso che lo ha eletto l’otto novembre scorso.

In quella capitale che oggi più che mai è il simbolo di una nazione spaccata, divisa in zone con opposte visioni e fazioni politiche – sono infatti iniziate diverse proteste che continueranno anche nei giorni a seguire, su tutte la “Women’s March on Washington”, organizzata via Facebook da Teresa Shook, un’avvocatessa in pensione delle Hawai. Anche a New York, migliaia di persone hanno sfidato il freddo nei pressi del Trump International Hotel e della Trump Tower per manifestare contro l’insediamento del nuovo presidente, un po’ come era successo due mesi fa, quando nella notte del 9 novembre e nei giorni successivi, migliaia di persone si radunarono a Union Square per poi sfilare verso Midtown e il quartier generale di Trump sulla Fifth Avenue, cantando slogan come "Not my President" e "Hey Hey Ho Ho Donald Trump has to go".

La fotografa milanese Micol Sabbadini – collaboratrice freelance di numerose e prestigiose testate di moda internazionali (tra cui Vogue Brasil, Grazia e Vanity Fair) in quei giorni di caos e di sconvolgimento generale era a New York, che per chi la conosce bene sa che è un po’ la sua seconda casa, il posto che ha nel cuore (oltre all’Australia). Ha vissuto quelle proteste in prima persona, ha respirato quel clima surreale, ha fotografato e parlato con centinaia di persone - uomini, donne, bambini, anziani, etero e gay – “tutti lì, tutti insieme per manifestare non contro il risultato elettorale, ma per il futuro e per assicurarsi che tutto il progresso fatto negli Stati Uniti d’America e tutti i valori e diritti che contano, non venissero dimenticati e cancellati”, come ha spiegato all’HuffPost.

“In quei giorni c’era soprattutto uno stato di shock e la gente non ci poteva credere”, ci ha detto la Sabbadini, che dopo la recente mostra ospitata presso la Galleria Antonio Battaglia di Milano (“The Australia series”), si sta preparando per il Mia Photo Fair che ospiterà le sue foto dal 9 al 13 marzo prossimi. “Tutti erano sicuri che la Clinton avrebbe vinto – ha aggiunto - soprattutto a New York dove la stragrande maggioranza della popolazione aveva votato per lei. In città si respirava un’atmosfera tremenda e la gente era spaventata perché Trump ha fatto una campagna che va indietro nei diritti umani e civili invece che andare avanti. Con toni bigotti e razzisti, si è sempre detto contro l’aborto così come contro i gay, contro il Planned Parenthood, contro il riscaldamento globale e gli immigrati, tutte cose che in quella città speciale - in quel melting polt unico al mondo - sono fondamentali. È lui l’uomo che rappresenta gli Stati Uniti e la cosa, da quando è successa, non può che essere preoccupante anche per l’impatto che può avere in Europa”.

Quello che ne è venuto fuori, sono queste polaroid che vedete in queste pagine, realizzate dalla fotografa proprio durante quei lunghi cortei. Su uno sfondo giallo, nero e rosso, si vedono sfilare persone di ogni tipo, come ricordato, e scritte, tante, tantissime, su cui spiccano parole come “scared”, “solidarity”, “fear”, “ignorance”, ma soprattutto “hope”, cioè speranza, quella a cui tutti fanno riferimento.

“It all begins today” – "Oggi comincia tutto!” – ha scritto il neo presidente su Twitter, il suo strumento d’informazione preferito. Vediamo cosa accadrà. Nel frattempo, l’intera nazione e il mondo tutto assistono, attoniti o entusiasti, a quello che si è verificato e che davvero in pochi, qualche mese fa, avevano previsto.

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