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Politica

Nei panni del leader. Gentiloni al Meeting apre la stagione elettorale, rivendicando per sé un ruolo da protagonista

LaPresse
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Mai lo si era visto così calato nei panni del leader come tra i padiglioni della fiera di Rimini allestiti per ospitare il Meeting di Comunione e Liberazione. Non è una faccenda di abito, un sobrio carta da zucchero su bianco, né di repentine svolte politiche. Nel discorso, durato oltre quaranta minuti, non se ne trovano. È una questione di mimica, di empatia, di modulazione di un tono della voce che sorprendentemente calca i passaggi salienti, cerca l'applauso (ne arriveranno più o meno uno ogni quattro minuti, compresa una quasi standing ovation finale), si alza fino a rischiare l'afonia nel finale. Paolo Gentiloni da queste parti si sente a casa.

E dire che, a differenza di un lungo elenco di aficionados della nomenklatura politica, per lui è solo la seconda volta, dopo una puntata un paio d'anni fa da ministro degli Esteri. Ma qui sa di essere accolto a braccia aperte. Sa che si trova a parlare di fronte una platea forse tra le più ben disposte in Italia a incoronarlo come leader alternativo a quello che Giorgio Vittadini - un'autorità da queste parti - definisce come "uomo solo al comando". Gentiloni parla per quaranta minuti, e cita "le riforme di Matteo Renzi" una sola volta, di sfuggita. Gelo in sala.

Quello che parla al Meeting ciellino è un leader che apre a tutti gli effetti la stagione elettorale, che si ripresenta dopo le ferie estive scrollandosi una volta per tutte l'etichetta dell'interim. Che svicola abilmente dal toccare le patate bollenti che scottano tra le mani del governo ("terremoto" e "Giulio Regeni" non risuoneranno mai nell'acustica possente del padiglione) e che offre alla platea il suo programma per il futuro, tutto imperniato sul fronte economico-sociale dalla forte impronta cattolica (almeno per chi ce la vuol vedere). Come fa un leader.

"L'impegno che prendo davanti a voi è che, nella prossima legge di bilancio, ci concentreremo soprattutto sul lavoro dei giovani", dice rivolgendosi direttamente ai ragazzi ciellini. Un passaggio, quello della legge di stabilità, che è una delle architravi del suo sguardo al futuro: "Un passaggio chiave, sul quale impegnerò tutte le forze del governo", promettendo di sostenere la crescita attraverso misure concrete per sostenere le politiche attive del lavoro.

L'altra pietra angolare è quella dell'immigrazione. "L'Italia è il luogo delle differenze", aveva introdotto Vittadini, facendo un appello affinché "venga premiata la diversità, anche in politica". Palla colta al balzo: sguardo fisso sugli impegni presi dal governo nella gestione dei flussi migratori, tra cui l'introduzione del "codice di condotta per le organizzazioni non governative". E "alla luce di questi risultati - dice - l'Italia non deve avere paura di riconoscere diritti e di chiedere rispetto dei doveri a chi giunge nel nostro Paese e ancor più a chi in Italia è nato e studia nelle nostre scuole". Il riferimento è allo Ius soli, alla legge finita nel pantano del Parlamento e che secondo Renzi, come ha detto l'ex premier poche settimane, non sarà approvata in questa legislatura.

Ecco, ancora una volta Renzi. L'altro leader se ne libera così: "La crescita è finalmente tornata. Ciò è frutto dell'impegno e delle riforme portate avanti da Matteo Renzi e che noi stiamo proseguendo". Ventuno scarne parole in una giornata in cui l'eloquio gentiloniano si è sparso ovunque in un flusso ininterrotto.

Già dalla maniera poco gentiloniana con cui il premier entra nella sala grande del Meeting di Rimini si è notata la metamorfosi del personaggio. Il presidente del Consiglio non fa il suo ingresso dal retropalco, come uso per molti ospiti e come ci si aspetterebbe da chi è anti spettacolare come lui. Fa invece la sua entrata in scena come un primo attore. Parte dal fondo dell'auditorium strapieno e lo attraversa tutto tra due ali di folla che lo applaude per due minuti.

È il suo strano carisma quello che piace alle oltre sei mila persone presenti nella Fiera di Rimini. Segno dei tempi e delle nuove preferenze di Comunione e liberazione, popolata a Rimini da famiglie e da molti ragazzi. Al suo arrivo il premier passeggia tra gli stand, un gruppo di militanti, seduto sulle panchine della Fiera, lo nota, si alza e applaude. Poi va a visitare una mostra sui temi del lavoro realizzata da alcuni ragazzi con i quali si ferma a chiacchierare, accompagnato dalla presidente della fondazione Emilia Guarnieri e da Vittadini. Quest'ultimo invita il governo a "ricostruire guardando avanti, senza più guardare indietro". Il premier, nel suo discorso, lo nomina almeno due volte.

In prima fila ad ascoltare Gentiloni ci sono il presidente dell'Emilia Romagna Bonaccini, il sindaco di Rimini Andrea Gnassi, l'ex presidente della Camera Luciano Violante, la presidente della Rai Monica Maggioni, quello della Cdo Bernhard Scholz, alcuni parlamentari come Maurizio Lupi, da sempre tra i leader di Cl, tanti ambasciatori e delegazioni. Pochi politici, tanti amministratori locali e corpi intermedi. E alle loro spalle ascolta in assoluto silenzio una platea variegata arrivata qui da tutta Italia, accomunata dalla fede cattolica e dagli insegnamenti di don Giussani. Il premier parla a loro e non dimentica di citare alcune parole chiave tipiche del vocabolario centrista e ciellino, come dialogo, famiglia, corpi intermedi, comunità, imprese. Fa un discorso appassionato: "Il governo italiano - scandisce - non accetta lezioni da nessuno in campo umanitario. Ha fatto bene Jean Claude Juncker a dire che l'Italia ha salvato l'onore dell'Ue".

Aprendo il suo discorso Gentiloni rivolge il primo pensiero all'attentato che ha colpito Barcellona, "città straziata che con la messa per la pace che si è svolta nella Sagrada Familia ha dato un messaggio di forza umana a tutta l'Europa". Poi aggiunge: "Nessun Paese, e tra questi l'Italia, può sentirsi al riparo da eventuali attacchi terroristici. Non credo alla propaganda di questo o di quel sito jihadista ma sono consapevole che nessun Paese può sentirsi al riparo da questa minaccia". Tuttavia "i terroristi non ci costringeranno a rinunciare alla nostra libertà".

Alla fine il premier ringrazia per i tanti applausi e va via in direzione Rimini per inaugurare un cinema accompagnato da Maurizio Lupi. Mentre passeggia, scortato dai giovani volontari in maglia rossa, una signora si avvicina e gli stringe la mano. Lui ancora ringrazia e dice: "Scusate per la confusione". Dopo aver sforzato la voce, a tratti alzandola, torna ad essere Gentiloni di sempre. Quello che, dopo tanto accalorarsi, conclude il suo discorso con una citazione di ZygmuntBauman che esalta "i tentativi di negoziazione" e la "capacità di ascoltare l'altro". È così che piace a questo popolo alla ricerca di un riferimento al centro.

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