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Esteri

Scongiurato l'intervento militare in Gambia, analisi e prospettive della presidenza Harrow

Questa volta l'unione tra Onu e Paesi africani è risultata fondamentale per scongiurare un conflitto che avrebbe richiesto un inevitabile tributo di sangue e di distruzione. Sotto la minaccia di un intervento militare l'ex presidente del Gambia Yahia Jammeh nella serara di ieri si è piegato all'ultimatum dei leader della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas/Cedeao), pronti a schierare le proprie truppe con l'autorizzazione del Consilio di Sicurezza delle Nazioni Unite per costringerlo a lasciare il potere.

L'annuncio è arrivato attraverso la tv di Stato. Jammeh si è rivolto alla popolazione affermando che non sarebbe stato 'causa' di spargimento di sangue e che era pronto a dimettersi permettendo al suo successore, legittimo vincitore delle elezioni dello scorso 1 dicembre, Adama Barrow, di insediarsi.

A pesare sulla sua riluttante decisione, più che la responsabilità dell'inizio di un conflitto, è stata la garanzia di un'amnistia politica. Il primo ad antiipare la notizia del passo indietro dell'ex diettore era stato il presidente della Mauritania, Mohamed Ould Abdel Aziz, a capo della delegazione internazionale arrivata a Banjul per mediare con Jammeh e trovare una soluzione politica alla crisi. E proprio in Mauritania è possibile che l'ex predidente del Gambia possa chiedere asilo...

Chiusa la fase critica resta da capire quali saranno le prime azioni e i provvedimenti del successore di Jammeh. Nel suo primo discorso da presidente Adama Barrow aveva da subito auspicato la riconciliazione nazionale. Impresa che non sarà facile.

L'incertezza che fino a ieri teneva in sospeso il futuro del Gambia potrà essere superata solo se le tensioni politiche, che nonostante l'uscita di scena di Jammeh permeano ancora una vasta area controllata dai sostenitori dell'ex dittatore, e la prossibilità di scontri violenti tra le fazioni contrapposte saranno superate in tempi rapidi.

Fondamentale anche il rilancio dello sviluppo e della crescita, i cui indici ad oggi risultano pressocché fermi. Analisti economici si aspettano una crescita del PIL del 4,5% nel 2017. La contrazione rispetto al passato, di un paio di punti, è dovuta principalmente al rallentamento dei flussi turistici, scoraggiati dalla crisi politica.

Il Gambia è uno dei paesi più piccoli dell'Africa e conta circa un milione e ottocento di abitanti. A differenza di molti altri Stati dell'Africa occidentale dopo l'indipendenza ha goduto di lunghi periodi di stabilità..

Il presidente Yahya Jammeh, dopo aver preso il potere con un colpo di stato nel 1994, ha governato negli ultimi 22 anni con pugno di ferro mantenendo un costante equilibrio politico.

Ma questa condizione di forzato 'contesto stabile' non si è tradotta in prosperità.

Nonostante la presenza del fiume Gambia, che attraversa il centro del paese, garantisca enormi risorse idriche solo un sesto della terra risulta coltivabile. L'unica prolifera coltura è quella delle arachidi.

E' il turismo la vera fonte di valuta estera e il sostegno di un'economia profondamente in crisi.

Il Gambia è da tempo tra gli stati aficani con il maggior flusso di migranti economici.

Quella di Barrow è dunque una sfida improba.

Imprenditore con un passato da sviluppatore nel Regno Unito, ha vissuto e lavorato per lungo tempo a Londra, il candidato democratico affermatosi con il 45% alle presidenziali del 2016, ha garantito che il suo principale obiettivo sarà proprio quello della crescita economica del Paese.

Ma l'elemento di discontinuità con la presidenza Jammeh sarà, come lui stesso ha promesso al suo popolo, il rispetto dei diritti umani. Barrow ha infatti già disposto la scarcerazione di numerosi attivisti e oppositori politici dell'ex dittatore, un numero impressionante.

In Gambia, finora, si è vissuto in un diffuso clima di paura. In particolare gli operatori dell'informazione hanno sempre dovuto operare sotto un controllo vigile e opprimente.

Gran parte dei giornalisti gambiani ha dovuto praticare l'autocensura o fuggire dal paese, come rilevato più volte da Reporter senza frontiere.

L'auspicio, dunque, insieme al rilancio dell'eonomia del Paese, è che Barrow possa cambiare in tempi rapidi la legge sulle limitazioni alla stampa, che oggi prevede pene detentive per diffamazione o per il reato di 'avversione contro il potere costituito', che ha portato all'arresto di centinaia di operatori dei media con accuse inconsistenti e superficiali.

Insomma, il percorso verso la democratizzazione e la stabilità del Gambia appare lungo e impegnativo.

Un 'in bocca al lupo' al neo presidente, che già nelle prossime ore si insedierà nella State House di Banjul, è dunque doveroso.

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