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Cultura

Con "La detective miope" Rosa Ribas ci narra la complessità della mente umana

Wikipedia
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"I bravi bugiardi sono quelli che mescolano una dose sufficiente di verità con la menzogna, di modo che non devono inventare tutto ed evitano di commettere errori".

Era da tanto che attendevo un giallo così. Un giallo succoso e avvolgente che mi facesse camminare nelle zone meno turistiche di Barcellona, dal quartiere Poble Sec - dove risiede l'agenzia Detectives Marín in cui è stata assoldata la protagonista del romanzo, Irene Ricart - fino alla zona proletaria del Montjuïc o addirittura all'elegante Tibidabo: questo è "La detective miope" (edito da Mondadori, traduzione di Pierpaolo Marchetti), della spagnola Rosa Ribas, che oggi vive a Francoforte.

Irene ha le idee chiare, anche perché la vita l'ha messa con le spalle al muro: vuole trovare l'assassino che ha ucciso il marito poliziotto e la sua bimba. Dopo un periodo di ricovero in un'ospedale psichiatrico, Irene simula una perfetta guarigione pur di affrancarsi e presentarsi al colloquio di lavoro con Miguel Marín, dove collabora una nutrita squadra di personaggi memorabili, dal veterano Rodrigo Carrasco, alla giovane Flavia dal passato triste. Il colloquio di lavoro convince il capo, che mostra alla donna la sua scrivania e le delucida le condizioni del mestiere:

"Noi detective veri abbiamo i cassetti stipati di carte, penne e fotografie. Noi detective veri abbiamo il mal di schiena come gli impiegati, e il culo quadrato come i tassisti, e voi detective donne spesso avete le varici alle gambe, come le commesse. Oltretutto, non abbiamo la pistola. E la bottiglia è un optional".

Irene, detective colpita da una forte miopia, non perde la speranza e, soprattutto, la lucidità del suo sguardo che va sempre oltre quello che potrebbe restituirci la vista. Il suo acume diviene grande sostituto delle diottrie, tanto che la donna, ancora lacerata dalle recenti perdite, affronta con spigliatezza e professionalità i casi molto particolari che le vengono sottoposti: uno di essi, per esempio, riguardava la vita intima di Jaume Peyró, che il si è incaponito di voler investigare - ma non può immaginare che la donna frequentata dal figlio è un'attrice porno che soffre di alopecia.

Un romanzo intimista dove si dipana corposa la "detection", una storia personale che assurge a paradigma universale: quello di ogni donna che cade nel baratro e che, con le sue sole forze, si rialza. E cerca vendetta. Un libro che regala grande soddisfazione al lettore, una scrittura pieno di ritmo, condita di ironia, buon senso, dialoghi verosimili e costellata di perle di saggezza quotidiana che arrivano dritto dritto dal cuore - e dall'esperienza - della voce narrante:

"Odio la gente che permette agli altri di ingannarsi e di lanciarsi in imprese da cui possono uscire solo ridicolizzati o feriti. Odio le commesse che ti dicono che un abito ti sta a pennello quando in realtà ti va stretto. Odio i genitori che non dicono ai figli che non hanno alcun talento artistico e lasciano che si rendano ridicoli in un casting televisivo".

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