Cronaca

Terremoto, la Commissione grandi rischi: "Dighe a rischio Vajont, ma il pericolo non è imminente"

La relazione: possibili scosse fino a magnitudo 7, si controllino edifici pubblici e privati. "Invitiamo i cittadini a fare attenzione, ma senza panico"
3 minuti di lettura
ROMA. "Non ci sono evidenze che la sequenza sismica sia in esaurimento". Le faglie attive dal 24 agosto 2016, giorno della disastrosa scossa di Amatrice, "hanno il potenziale di produrre terremoti di elevata magnitudo (6-7)". Non solo, in Abruzzo si rischia un "effetto Vajont".

Non è certo rassicurante la commissione Grandi rischi che, nella relazione alla Protezione civile, invita a tenere alta la guardia. Il riferimento all'"effetto Vajont" riguarda la zona di Campotosto, "nella quale - spiega in un'intervista al Tg3 il presidente della commissione, Sergio Bertolucci - c'è il secondo bacino più grande d'Europa con tre dighe, una delle quali su una faglia che si è parzialmente riattivata e ci possono essere movimenti importanti di suolo che cascano nel lago". Se si avverte un aumento del rischio "bisogna immediatamente renderlo trasparente alle autorità e alla popolazione", conclude Bertolucci. Che tuttavia un paio d'ore dopo, viste le reazioni precisa: "Non c'è nessun pericolo imminente di un effetto Vajont. E' importante continuare a monitorare l'evoluzione sismica in quella zona" in quanto "esiste un aumento della pericolosità dovuta ai movimenti della faglia".

Insomma, "non possiamo essere rassicuranti", spiega ancora il presidente della commissione, "ma non vogliamo nemmeno creare panico. Bisogna essere prudenti, e per un cittadino questo potrebbe voler dire ad esempio contattare un ingegnere strutturista per controllare la stabilità della propria casa. Per gli edifici pubblici, l'invito è quello di monitorare in maniera sistematica scuole, ospedali e dighe".

Le prime reazioni sul territorio non tardano a venire. "Ho deciso con un'ordinanza di tenere chiuse le scuole sine die leggendo quanto dice la Commissione Grandi Rischi". Fa sapere poche ore dopo il sindaco di Leonessa (Rieti), uno dei comuni del Reatino maggiormente colpiti dai terremoti di agosto e ottobre, Paolo Trancassini. E' una delle conseguenze della nota diramata al termine dell'ultima riunione della commissione Grandi rischi sul potenziale rischio di forti scosse nel Centro Italia. L'attenzione è alta e mentre dal Mit (ministero delle Infrastrutture e dei trasporti) arriva la convocazione di una riunione sulle Grandi Dighe nelle aree colpite dal sisma e dal maltempo, il responsabile del dicastero .

Al sindaco di Leonessa fa eco l'omologo di Montereale (L'Aquila), Massimiliano Giorgi, una delle cittadine dell'area sotto osservazione. "La situazione in Alto Aterno è drammatica. La gente ha paura, il comunicato stampa come quelli della Commissione grandi rischi ha allarmato tutti, scuole inagibili, municipi inagibili, verifiche da fare per migliaia di abitazioni, da giorni chiediamo una tensostruttura per ospitare le persone nella frazione di Cesaproba non fornita semplicemente per cavilli burocratici".

Le zone in cui potrebbe ancora verificarsi un terremoto di magnitudo fino a 7 sono quelle attorno alla faglia che corre da nord-ovest a sud-est, tra il Monte Vettore e il Monte Gorzano. Qui, prosegue la commissione, ci sono aree "che non hanno registrato terremoti recenti di grandi dimensioni". A preoccupare i sismologi è in particolare il tratto che va da Montereale all'Aquila, dove il terremoto del 2009 ha probabilmente già rilasciato l'energia che si era accumulata nel sottosuolo. A Montereale le quattro scosse di magnitudo superiore a 5 di mercoledì potrebbero aver attenuato parte della tensione sotterranea. Ma in mezzo si trova una "lacuna": un'area dove non ci sono state scosse e dove presumibilmente le faglie sono ancora "sotto pressione". Lo sciame successivo ai terremoti del 18 gennaio, poi, sta marciando a passo spedito, con una media di 500 scosse al giorno: più di quelle che gli esperti si aspetterebbero.

Il lago di Campotosto, esteso per 14 chilometri quadri, si trova 10-15 chilometri a est degli epicentri delle forti scosse di mercoledì scorso. L'Enel venerdì ha tuttavia ribadito "la totale assenza di situazioni anomale". Ma in caso di terremoto di magnitudo fino a 7, di problemi potrebbero invece sorgerne. Le tre dighe sono quelle di Poggio Cancelli, all'estremità nord del lago, quella di Sella Pedicate all'estremità sud e quella di Rio Fùcino, al centro sulla sponda est. Proprio sotto a quest'ultima passa una faglia sismica attiva. "Ipotizziamo che sia capace di generare un terremoto di magnitudo 6.5-6.6" spiega Fabrizio Galadini dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Dal 24 agosto in quella zona non c'erano stati segni di riattivazione della faglia. "Ma le scosse del 18 gennaio sono state molto vicine. E da allora con la neve è stato impossibile condurre rilievi".

Già il terremoto dell'Aquila nel 2009 aveva sollevato il problema delle dighe di Campotosto. Il rischio è che un sisma possa causare uno smottamento lungo le sponde e, in caso di un crollo imponente e repentino, i 10 metri di distanza tra il livello dell'acqua e la sommità della diga potrebbero non essere sufficienti a contenere un'onda di tsunami. Un'altra eventualità è che il sisma spacchi il terreno in superficie proprio in corrispondenza della diga. Nel 2009 Eucentre, il Centro europeo di ingegneria di Pavia, pubblicò un rapporto in cui metteva in guardia contro questa eventualità, definita "improbabile" ma "disastrosa", soprattutto per dighe di calcestruzzo come Rio Fùcino. La faglia di Campotosto potrebbe aprire una frattura nel terreno ampia fino a 90 centimetri, provocando, secondo il rapporto, "danni anche gravi che potrebbero determinare una fuoriuscita di acqua".

Dal canto suo Enel ribadisce che ''a seguito dei recenti eventi sismici non si rileva alcun danno alla diga di Campotosto. Il buono stato delle opere è confermato da tutti i controlli previsti eseguiti da Enel in questi giorni, compreso il volo con elicottero effettuato nella giornata di venerdì. Il volume attualmente invasato è di circa il 40%, quindi molto basso".

"Alla luce della difficile situazione idrogeologica di questi giorni si è comunque deciso, come misura cautelare, estrema, di procedere ad una ulteriore progressiva riduzione del bacino,'', si legge nella nota della società.