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Dalla Telecom a Fincantieri. I dossier caldi e l'impasse Cdp

La Cassa è presente nelle più importanti partite economiche e finanziari del Paese, a cominciare dalla realizzazione delle infrastrutture in fibra ottica. E gestisce 320 miliardi di risparmio degli italiani
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MILANO - I fondi e i soci francesi litigano in Telecom mentre si architetta un'operazione epocale come lo scorporo della rete, e la Cassa Depositi e prestiti può essere un terzo soggetto in grado di dire la sua e indirizzare il governo della ex monopolista dei telefoni italiani. Per altro, la parabola della Tim si intreccia con la necessità di sviluppare la rete in fibra del Paese, una gimkana tra necessità di finanziamenti, equilibri industriali e partite a scacchi con le società delle Tlc. Del match è anche Open Fiber, in un momento di svolta dopo aver incassato un importante credito dalla Bei. E la società è per la metà di Cdp equity, braccio della Cassa, in coabitazione con l'Enel, altra società pubblica. O ancora, Fincantieri ha in mano il delicato dossier dell'integrazione con Stx e Naval Group (ancora un intreccio transalpino), per creare l'Airbus dei mari, intanto Oltralpe spuntano fastidiosi dossier che palesano quanto sia un sentiero minato. E Fincantieri è nelle mani della Cassa Depositi e Prestiti.

In Italia non c'è praticamente dossier economico di peso che non si muova senza una qualche forma di intersezione con la Cdp. O senza che qualche politico agiti le tre fatidiche lettere, chiedendone l'intervento a tutela dell'interesse pubblico. Di tanto in tanto è accostata all'Alitalia di turno, o all'Ilva, o alla prossima grande azienda in crisi. Basta guardare l'organigramma del gruppo - che resta in attesa dei nuovi vertici dopo il quinto rinvio delle nomine in assemblea per il mancato accordo tra Lega e M5s sulla spartizione delle poltrone - per capire quanto quel (poco) di grande industria che c'è in Italia, in un modo o nell'altro si intrecci con la Cassa. Si prenda il caso di Sia, la società dei pagamenti che è un fiore all'occhiello tecnologico. Con un sistema di scatole, la Cdp ne è il primo socio (poco sotto il 50%) attraverso una società che sta sotto FSI Investimenti, a sua volta sotto Cdp Equity, nella quale sono entrate le Poste (che pure sono di Cdp al 35%). Ecco, anche il dossier della partecipazione in Sia è caldo, perché potrebbe esser girata tutta alla società delle lettere.

O si prendano i grandi nomi dell'industria e delle reti. Al di là delle quote in Eni e delle già citate Poste, la Cdp Reti ha un piede importante in Terna, Snam e Italgas: quelli che portano la corrente e il gas in giro per il nostro Paese (e non solo). Come accennato sopra, da qualche mese ha messo una fiche in Telecom, salendo a poco meno del 5% del capitale. E farebbe bene a preoccuparsene, visto che i quasi 650 milioni investiti ad aprile per far dire al governo la sua in una partita ritenuta d'interesse nazionale sono scesi già di circa 200 milioni, un terzo dell'investito. Per di più, non avendo membri nominati nel cda della società tlc - nel quale il fondo speculativo Elliott è in maggioranza e il primo socio Vivendi in minoranza - è chiaro che deve avere vertici proattivi per cercare di far pesare il proprio indirizzo dall'esterno del board.

"Il problema non è se ci sono divergenze sulle nomine: la Cdp è uno strumento chiave per la politica nazionale, ha un rilievo strategico e quindi vogliamo meditare bene. Ci stiamo riflettendo bene per non sbagliare", ha detto ieri il premier Conte per anticipare l'ennesimo rinvio sui nuovi vertici. Che abbia rilievo è innegabile e, anzi, in base agli obiettivi dichiarati dai due partiti, in particolare dal vicepremier Di Maio, la Cassa dovrebbe essere lo strumento principale delle politiche economiche del governo: non fosse altro perché - a fronte di un bilancio pubblico che faticherà a trovare spazi di espansione senza sforare i parametri europei - ha una imponente disponibilità finanziaria, forte di un attivo patrimiale di 367 miliardi e di una potenza di fuoco capace di attivare investimenti per quasi 60 miliardi. Governare queste risorse potrà fare la differenza in sede di scrittura della prossima legge di Bilancio. Dinamiche nelle quali gli italiani hanno un ruolo cruciale, magari a loro insaputa. Da oltre un secolo, la Cassa gestisce infatti il risparmio postale: nel 2017 è stato rinnovato per l'ultima volta l'accordo tra le due società, per un nuovo triennio. Oggetto dell'intesa, 321 miliardi di euro depositati dagli italiani, di cui circa 212 miliardi di euro in Buoni e circa 109 miliardi di euro depositati sui Libretti postali.