Economia

È morto Gilberto Benetton, fondatore del gruppo: aveva 77 anni

La sua salute, già debole, era stata messa a dura prova dalla morte del fratello minore e dal crollo del Ponte Morandi: lui era l'unico della famiglia veneta nel cda di Atlantia

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MILANO - Gilberto Benetton è morto all'età di 77 anni, dopo aver lottato a lungo con la malattia. Qualche mese fa dopo aver chiuso con successo l’operazione di Atlantia su Abertis, che lo aveva tenuto impegnato per tutto il 2017, era arrivato un brutto colpo, la morte del fratello minore Carlo, stroncato in pochi mesi da un tumore. Gilberto, che aveva due anni di più, ne era rimasto molto scosso e con lui i fratelli Luciano e Giuliana. Un altro brutto colpo era stato il crollo del ponte Morandi. Gilberto, infatti, era l’unico membro della famiglia veneta a essere rappresentato nel consiglio di Atlantia, proprio per il suo ruolo attivo nella holding di partecipazioni. Lui aveva tessuto i rapporti istituzionali con Florentino Perez per dare il via al più grande gruppo delle infrastrutture d’Europa.

Gilberto è sempre stato il più schivo e il più riservato della famiglia veneta. Pochissimi amici, ma tante buone conoscenze nel mondo della finanza che ha sempre frequentato suo malgrado. Un uomo parco, quasi timido, generoso e forte di carattere. Mentre i suoi fratelli giravano il mondo e facevano famiglie allargate, lui era rimasto sobrio anche in quello, lascia due figlie (Sabrina e Barbara) e la moglie Lalla, che è stata la compagna di una vita. Chi lo conosceva, lo descrive come una persona semplice, che nonostante tutto, viveva al di sotto dei suoi mezzi e che ha sempre messo la famiglia al primo posto. Non parlava le lingue ma se la cavava comunque con un sorriso e con un grande senso pratico: quando nel 2011 ha ricevuto la legione d’onore dal presidente Nicolas Sarkozy - si dice - fosse molte emozionato.

In Autogrill, di cui è sempre stato presidente e che è stata la prima delle partecipate della holding della famiglia veneta a diventare più grande all’estero che in Italia, impose che almeno un consiglio di amministrazione all’anno della società venisse fatto all’estero in una delle tante sedi dove operava il gruppo della ristorazione.

Gli amici raccontano che si divideva tra Roma e Milano per gli affari di Edizione insieme al fidato e stimatissimo Gianni Mion. Ma anche con Mion, nonostante trent’anni e più di lavoro gomito a gomito, si davano del lei e il manager lo chiamava “Sior Gilberto”. Eppure quello con Mion era stato quasi un matrimonio e con l’uscita dello storico ad di Edizione, Gilberto aveva reclutato personalmente i nuovi manager, ritagliandosi un ruolo più defilato di vice presidente prendendo consapevolezza che anche per lui era finita un’era. "Non siamo mai stati bravi a tenere i rapporti con Roma - diceva Gilberto ai suoi fidati collaboratori - del resto siamo veneti".  E con l’orgoglio e la riservatezza dell’imprenditore veneto, Gilberto ha sempre frequentato poco i salotti romani ma non solo quelli. Si dice che avesse una grande ammirazione per Marco Tronchetti Provera, con cui ha diviso la disavventura in Telecom dall’inizio alla fine, ma anche quella in Pirelli e in Mediobanca.