Politica

Veltroni: "La divisione della sinistra apre la porta al populismo, a rischio democrazia e Ue"

Il primo segretario del Pd, Walter Veltroni, col fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari 
Il primo segretario del Pd lancia l'ultimo appello all'unità: "La scissione sembra quella dell'atomo. Se si votasse ora non andremmo noi al governo"
9 minuti di lettura
Walter Veltroni ha fatto un discorso all'assemblea del partito e il discorso credo sia stato sentito da moltissima gente. Ha cominciato ed ha concluso a favore dell'unità del partito guidato da Renzi.

Walter, prima di affrontare con te questo tema, a me piacerebbe rievocare le tue varie posizioni politiche, non come idee che sono sempre state coerenti cambiando come cambia il tempo ma i diversi ruoli, diciamo i principali, che tu hai ricoperto durante i tanti anni. Sei stato vicepresidente del Consiglio con Prodi ed eri stato con Occhetto uno dei fondatori di quello che decideste di chiamare Partito democratico della sinistra dando l'addio al Partito comunista. Sei stato ministro dei Beni culturali, segretario del Partito democratico e anche Sindaco di Roma.
Durante tutti questi lunghi anni la sinistra si è più volte divisa con la conseguenza inevitabile di perdere il potere di influire in modo consistente nella società italiana. Alla fine però tu fosti incaricato all'unanimità dai vari tronconi della sinistra di procedere alla fondazione di un vero e proprio partito che tu chiamasti riformatore e che fu uno dei pochi momenti di vero vertice democratico, culminato con il tuo discorso programmatico al Lingotto di Torino.
Poi hai cambiato vita e attività e in qualche modo, pur toccando nei tuoi libri e nei tuoi film argomenti profondamente sociali, in politica non sei più direttamente intervenuto salvo la recentissima riunione dell'Assemblea del Pd. Come mai? Quali motivi hanno determinato questo rientro politicamente inatteso ma proprio per questo ancor più importante?

"SÌ, ho deciso di andare nonostante fossero anni che non partecipavo più né alle assemblee né alla direzione perché mi sembrava il momento in cui chi aveva avuto i ruoli che io ho ricoperto nel corso della mia vita era giusto che ci fosse. Come tu hai ricordato la mia idea della politica è stata sempre quella dell'unità della sinistra. Cominciò da ragazzo quando contribuii alla nascita dei comitati unitari degli studenti democratici. C'era la Fgci e quella fu la mia prima esperienza politica, 1973, avevo 18 anni, ero responsabile degli studenti della federazione giovanile comunista. Se vuoi conoscere il perché della mia formazione politica, la cosa più importante è stata la Resistenza, naturalmente nella mia cultura politica e non nell'esperienza personale. Quando sono diventato di sinistra non venendo da una famiglia di origine comunista; era appunto la Resistenza che mi è piaciuta e oltre al coraggio di cui quel movimento fu l'esempio ci fu anche il fatto che persone tra loro diverse stessero insieme per una causa generale. Quell'imprinting me lo sono portato da allora, dai comitati della Fgci fino al discorso in assemblea di domenica scorsa.

A un certo punto mi sono dimesso dalla mia carica nel partito perché c'era il rischio che si creasse una situazione analoga a quella che si sta creando in questi giorni. Mi sono trovato cioè a fare una delle scelte più difficili della mia vita: se continuare a fare il lavoro che mi appassionava e nel partito al quale avevo dedicato molte energie oppure rinunciare alla mia carica ma, evitandone la divisione, salvare così il Partito democratico. Scelsi la seconda strada.
Forse allora avrei dovuto fare altro, avrei dovuto convocare un congresso, ma avevo paura che si sfasciasse ciò che ho sempre ritenuto l'esigenza essenziale della sinistra: avere un grande partito riformatore di massa, che poi è ciò contro cui ha sbattuto la storia della sinistra italiana, dividendoci, lacerandoci, facendo le scissioni, litigando, contrapponendoci. Non c'è mai stata la capacità e diciamo anche la volontà di costruire quell'idea di un partito riformatore che potesse essere maggioranza nel Paese. Lo abbiamo fatto con il Partito democratico, mi sembrava una cosa talmente grande da essere più grande del mio destino personale. Penso che in questo momento ci sia grandissimo bisogno di quel partito.
La scissione in corso mi sembra la scissione dell'atomo: ci sono già quattro partiti di sinistra. Se ci fossero le elezioni in questo momento, sulla base dei sondaggi di cui disponiamo, non verrebbe certo affidato l'incarico di formare un nuovo governo ad un esponente della sinistra. Sia il Movimento 5 Stelle sia la destra di Salvini, hanno più voti (specie se alleati tra loro) di quanti possa averne un esponente del centrosinistra e questo è il capolavoro che si è creato attraverso questa situazione che ha portato ad una lacerazione del Pd. Era la prima volta in Italia che si riusciva a costruire la convergenza delle strutture progressiste e democratiche e dovevamo conservarla. Tutti dovevamo conservarla, chi ha fatto la scissione e chi doveva fare molto di più per impedirlo. Questa è la mia opinione e per questo sono andato a parlare nell'assemblea del partito.

Quando la sinistra si è divisa ha fatto grandi danni al Paese, li ho citati nel discorso all'assemblea, a cominciare dalla vittoria di Berlusconi nel '94. Se i progressisti e i popolari fossero stati d'accordo avrebbero vinto le elezioni e Berlusconi non avrebbe governato in Italia. Se Prodi avesse potuto continuare nel '98 il corso della storia italiana sarebbe stato diverso. E poi ho citato il secondo governo Prodi silurato dalla sinistra di Bertinotti e la mancata elezione di Prodi al Quirinale, approvata dall'assemblea unanime ma poi silurata con 101 che non la votarono. E la loro provenienza di corrente che rimase accuratamente segreta.

Cito questi capitoli ma temo di doverne aggiungere un quinto che è il più pesante: nel momento più difficile della storia italiana e della sua democrazia, c'è il rischio che per effetto della divisione della sinistra possano prevalere forze politiche che non sono in grado di assicurare un destino certo a questo Paese. Oppure peggio: possa non prevalere nessuno ed ho più paura di questa seconda cosa. Può accadere che ci siano tre schieramenti, tutti intorno al 30 per cento e che per conseguenza il Paese si trovi di nuovo senza maggioranza. Se questo accadrà la democrazia rischia di andare in una crisi molto seria. Questa è la posta in gioco e per questo la divisione del Pd è particolarmente grave e irresponsabile".

Varie volte si è chiesto che Renzi intraprendesse adesso la ricostruzione di un partito più adatto alle circostanze. Personalmente scrivendo su queste pagine l'ho chiamata la costruzione della Giovane Guardia e della Vecchia Guardia preparandosi alle elezioni del 2018 a legislatura terminata con il governo Gentiloni. Ma lui non ha risposto a queste domande né domenica scorsa all'assemblea né nei giorni successivi fino ad oggi. Stiamo quindi procedendo nel buio, che è quanto di peggio possa accadere.
"E poi, oltre alle ragioni da te esposte, ce n'è un'altra altrettanto importante: con quale legge elettorale si voterà? Noi dobbiamo dare garanzie attraverso il sistema elettorale che quando si svolgeranno le elezioni, il giorno dopo il vincitore governi questo Paese. Se i vincitori saranno Grillo e la Lega, l'Europa concluderà la sua corsa.
Stiamo entrando in una stagione storica nella quale può accadere di tutto perché il segno dell'esistenza umana è legato alla precarietà. I ragazzi crescono senza avere nessuna garanzia per il loro futuro, crescono in una società nella quale elementi di pericolo e di paura sono molteplici. Crescono nella condizione in cui si allarga il divario tra ricchezza e povertà. L'aspetto angoscioso di questa situazione è che la sinistra è praticamente sparita in Europa. Nel '96 governavamo dappertutto in Europa, ma ora non siamo quasi da nessuna parte. E poi c'è il caso americano che è il più evidente. La rivoluzione industriale inglese che ebbe inizio due secoli fa costruì le città e le classi sociali. Questa in corso sta destrutturando le classi sociali, sta cambiando il rapporto tra lavoro e tecnologie, sta creando una condizione per la quale precarietà, flessibilità e fine di certi lavori hanno come risultato conseguenze antropologiche. Cambia la composizione demografica del nuovo mondo, le popolazioni invecchiano. Come reggeremo il "welfare state" con pochi che lavorano e molti da sostenere. Ci sono dei problemi giganteschi sui quali la sinistra dovrebbe ragionare e influire con i suoi valori dentro questa società mutata e invece si divide su non si sa che cosa. Per rispondere compiutamente alla sua domanda io penso che in questo momento di tutto abbiamo bisogno salvo che di una crisi di governo".
 

Scalfari-Veltroni, dialogo sull'utopia di una sinistra di massa e di governo - integrale


Questo quadro ha già delineato l'esistenza di una società globale. Questa società ha vari significati. Il primo significato è che governano i continenti, cioè delle formazioni politiche che hanno creato uno Stato di dimensioni continentali. La Cina, l'India, aggiungi che la Russia con Putin è ridiventata un impero che comincia dall'Europa prima dei monti Urali e arriva fino allo Stretto di Bering alla punta estre- ma della Siberia, dopo aver ripreso tutta la sua influenza in Paesi orientali di Mongolia e Manciuria. Quindi è un impero gigantesco. C'è una borghesia ormai consolidata in Russia ma ce n'è anche una in Cina e un'altra in India. Il capitalismo insomma, privato o pubblico, fa parte della società globale e l'aspetto sociale che ne deriva è quello che vede crescere le diseguaglianze. Questo è il problema. Il problema delle diseguaglianze è che devi far pagare un certo prezzo ai più abbienti e risollevare i meno abbienti. Papa Francesco fa di questo aspetto sociale il fulcro del suo insegnamento religioso in tutto il mondo.
Chi ne parla in termini abbastanza analoghi in Europa è Mario Draghi. Ha cambiato l'idea della politica monetaria che dovrebbe servire soltanto per fare aumentare l'inflazione entro il 2 per cento e rilanciare la produttività del sistema industriale. Questa è sempre stata la politica monetaria di Draghi e deve essere certamente proseguita ma sta puntando anche lui sul tema delle diseguaglianze. Dice ormai pubblicamente che l'Europa deve diventare anch'essa uno Stato-continente, cioè una Unione federata.

"Ho visto in questa fase della tua vita questi due riferimenti: papa Francesco e Draghi. Il presidente della Bce incarna l'Europa moderna e federata. Papa Francesco predica quei valori di giustizia sociale, di equità e di lotta alle diseguaglianze che anch'essi nella storia della tua generazione sono stati importanti. Non si capirebbe la storia italiana se non si capisce che culture democratiche, liberali, progressiste, di sinistra, hanno fatto fatica a trovare la loro casa. Nel momento in cui sono riuscite a farlo per un periodo della storia è avvenuto con Berlinguer. A me una volta accadde di dire che ero stato nel Pci ma non ero comunista. Volevo solo dire un'ovvietà: si poteva stare nel Pci senza accettare la dittatura del proletariato. Anche tu che non sei mai stato comunista hai votato per Berlinguer insieme a tanti altri, Calvino, Sciascia, Natalia Ginzburg; Pasolini non era comunista ideologicamente ma lo ricordo per il rapporto che ebbe con noi: guardava al Partito comunista come una grande riserva morale.
La grandezza storica di Berlinguer fu proprio quella di prendere un partito che si chiamava comunista, al quale lui non voleva recidere le radici. Aveva molto forte il senso delle radici ma la grandezza della sua esperienza fu quella di trasformarle e lo poté fare perché c'era Gramsci alle origini del Partito comunista: nella sua visione una grande sinistra democratica rappresentava le persone oneste e gli "ultimi" della società. Berlinguer conquistò con questa politica il 35 per cento dei consensi. Ma dopo la sua morte la sinistra ricominciò a dividersi. La sola ed ultima volta in cui fu di nuovo unita è stata col Partito democratico".

C'è gente di buona borghesia la quale sostiene che a noi converrebbe uscire dall'euro e tornare alla moneta nazionale che può essere svalutata con vantaggio delle nostre esportazioni e quindi con il rilancio dell'economia italiana e poi, magari dopo tre o quattro anni, ribussiamo alla porta europea per rientrare.
"Sono proposte senza senso. La realtà è completamente diversa. In questo momento nella società occidentale c'è grandissimo disagio, c'è dolore, c'è diseguaglianza, c'è un'incertezza dei genitori per la sorte dei figli e altrettanta incertezza dei figli per il loro futuro e poi c'è un'Europa imperfetta e sempre più disgregata. Noi siamo in una situazione che ricorda gli anni Trenta. Non il ritorno di Hitler o di Mussolini, la storia non si ripete mai, Carlo Marx diceva che si ripete o in tragedia o in farsa. Noi stiamo sfiorando la seconda di queste dimensioni con in più la litigiosità della sinistra. Ecco gli elementi che dovrebbero far scattare i campanelli d'allarme".

Aggiungo un'ultima cosa a quello che hai detto finora per quanto riguarda la società globale. Essa mette in moto interi popoli. Il meticciato è alle porte e parlo di meticciati in senso positivo, non negativo. Ci sono popoli di quattrocento- cinquecento milioni di persone che vagano da un continente all'altro e naturalmente tutti vengono attirati da continenti più ricchi. Come si reagisce a queste immense popolazioni vaganti? Trump reagisce mettendo il muro con il Messico, ma dove altro lo metti il muro? Devi semmai favorire l'integrazione e alla fine creare una popolazione unica su tutto il pianeta. Aggiungo che c'è anche un aumento notevole dell'invecchiamento.
"È vero: l'invecchiamento della società genera anche una minore propensione a guardare al futuro. Se non si trovano le vie di sviluppo per far ripartire l'economia: i negozi chiudono, si perdono posti di lavoro sostituiti dalle tecnologie. So bene che sul lungo periodo si creeranno nuovi lavori, ma ora siamo nell'imbuto. C'è una bellissima frase di Gramsci che dice "Ci sono dei momenti della storia in cui il passato ancora non è del tutto finito e il nuovo non si è ancora affermato. In questi casi si generano nella società fenomeni morbosi". Per me la più bella notizia degli ultimi mesi è stata la manifestazione di Barcellona. Centinaia di migliaia di persone sono andate in piazza per sostenere che loro vogliono essere la società dell'accoglienza. E accoglienza e sicurezza non sono fratelli separati. Quando nelle scuole italiane vedi tanti bambini immigrati, quello è un segno bello e positivo anche perché tra i bambini non troverai mai razzismo. Noi non abbiamo soltanto il dovere di accogliere ma anche l'interesse di accogliere".

Quanto hai detto finora mi incita ad esortarti: per la tua storia passata e per quello che ancora pensi dopo tanti anni di esperienza tu sei il padre nobile della sinistra italiana. Non ti puoi più disinteressare.
"Ti ringrazio di quanto hai detto. Però dopo le dimissioni da segretario del Pd e dopo aver deciso di non fare più il parlamentare, ho dato un taglio netto e ho imboccato un'altra vita: scrivo i miei libri, faccio i miei film che per me sono una prosecuzione dell'impegno civile con altri mezzi. E questo continuerò a fare, naturalmente continuando a dire la mia opinione. Il mio modello, senza per questo paragonarmi a lui, è Vittorio Foa. Vittorio non ha mai chiesto ruoli, gli è capitato di averli, però era un uomo sempre generoso, sempre ottimista, consapevole della durezza del tempo anche per averla vissuta in carcere. Però ci incitava sempre, non aveva mai un atteggiamento distruttivo. Io penso che la sinistra abbia bisogno di qualcuno che non stia dentro le baruffe; qualcuno che possa sostenerla, aiutarla, consigliarla senza essere parte in causa. Penso di poter essere più utile aiutando una battaglia di valori e di contenuti. Se oggi abbiamo un problema dentro la sinistra è proprio il rischio di perdere su questi due terreni: la capacità di condividere e rispondere ai problemi sociali più devastanti e più drammatici ed anche la bellezza di una battaglia di valori da condurre a viso aperto. Io vorrei senza ruoli dare una mano da questo punto di vista, senza voglia di potere ma senza rinunciare alla passione politica ".

Concludo ripetendo la mia definizione: tu se il padre nobile della sinistra e della democrazia italiana.
"Padre no, semmai potrei essere un cugino avveduto ma in realtà mi piace avere la libertà di poter sempre dire quello che penso".
 
I commenti dei lettori