Mondo Solidale

Haiti, "Che il Padreterno ci aiuti": viaggio nell'isola dell'orgoglio che non basta più

Reportage. Visita ai programmi di AVSI per la lotta alla malnutrizione dei bambini al di sotto dei 5 anni, finanziati dalla Commissione Europea (ECHO) nel Paese delle Antille francesi. I focolai di scarsa e inadeguata alimentazione concentrati nelle bidonville di Martissant e Cité Soleil

4 minuti di lettura
PORT-AU-PRINCE - Sui taxi collettivi di Port-au-Prince gridano scritte come "Dieu ne nous abandonne pas", invocazioni e richiami disperati a Dio e a Gesù Cristo. Brevi suppliche su insegne luminose di un popolo al quale sembra non resti altro che raccomandarsi al Padreterno. Quelle macchine, quei furgoni cigolanti, sull'orlo del cedimento definitivo, stracolmi di gente e colorate come le automobiline delle giostre, svelano un dato di fatto: quello di un Paese vulnerabile, orgoglioso e dignitoso, ma incapace di dare un volto credibile a una sua classe dirigente. Anche perché quei carretti dai colori chiassosi, con la gente aggrappata sono gli unici mezzi per muoversi in una città asfissiata dal traffico e dall'inquinamento, dove l'immigrazione  dalle zone rurali, definitivamente abbandonate, ha le dimensioni di un esodo di massa: dell'intera popolazione dell'isola, il 60% vive nella capitale. Nella zona di Delmas, a qualsiasi ora del giorno o della sera, il traffico è un groviglio opprimente, è il mercato di ogni cosa, è il luogo dove chiedere l'elemosina. In giro la musica sparata a palla da amplificatori enormi, davanti a ristoranti e ritrovi. E poi gente che urla qua e là, da far pensare a focolai di risse.

Haiti, "Che il Padreterno ci aiuti": viaggio nell'isola dell'orgoglio che non basta più



La resistenza e il riscatto orgoglioso. Ma alla fine, questa è una nazione che resiste e si riscatta da tutto, con orgoglio (che però ora non basta più). Come un miracolo che si ripete. Forse non viene ricordato abbastanza, ma furono gli haitiani che per primi si liberarono dalla schiavitù, già nel 1790 (...anche se quello non fu un miracolo...) quando Toussaint Louverture - uno dei padri della nazione - guidò la rivolta di questo popolo contro i francesi. Un popolo che ha poi mostrato di resistere sempre e risorgere a stento - questo sì, miracolosamente - dopo le devastazioni degli uragani: l'ultimo, Matthew, dell'ottobre 2016, provocò 842 morti e un milione e mezzo di persone coinvolte; oppure sopravvivere dopo essere stati decimati dai terremoti: nel gennaio 2010, 14 scosse terribili uccisero più di 250 mila persone e sbriciolarono infrastrutture e case, tanto da costringere a vivere sotto le tende, per diversi anni, più di 3 milioni di cittadini.

I tiranni dalla pelle nera.  Sulle pagine che raccontano la storia di quest'isola delle Antille francesi - dove gli haitiani coabitano con la parte spagnola di questa terra - la "benestante" Repubblica Domenicana - non a caso l'accento cade spesso sulla parola "destino". Il tragico destino di questo popolo deportato dall'Africa, all'alba del colonialismo europeo. Una sorte che ha lasciato tracce ancora evidenti nelle istituzioni politiche, nel territorio, nel comportamento sociale. Una terra, dove la natura e le acrobazie geopolitiche, nel corso dei secoli, si sono accanite in tutte le loro manifestazioni più dannose. Non sono mancate epidemie severe, né una sequela di altre sventure politiche, che portano i nomi e i cognomi di personaggi sconcertanti dalla pelle nera, capaci prima di condurre grandi lotte per la libertà, per mostrarsi subito dopo tiranni, infami, spietati, ambiziosi, voraci e corrotti, tanto da arricchirsi a dismisura, con i conti nelle banche all'estero, dopo aver promesso mari e monti a un popolo descolarizzato e facile da convincere con le chiacchiere. Forse è per l'orgoglio e l'alto valore assegnato alla dignità, che gli haitiani sembrano aver rimosso dal loro racconto del passato i tempi in cui Duvalier imponeva l'ordine sociale con i Tontons Macoutes, i "lupi mannari" con licenza di uccidere. Eppure quel passato non è stato un incubo. E' vita vissuta da chi è ancora vivo.  

GUARDA LA GALLERY

I timidi miglioramenti in un contesto disastroso. Dopo il nostro primo viaggio nell'isola, ad un anno esatto dal terremoto del 2010, il quadro complessivo è apparso tuttavia migliorato. Però gran parte del territorio non da più frutti, l'agricoltura è ridotta alla sussistenza di poche comunità ed è ancora visibile lo sfregio di una deforestazione che ha ridotto al 2% un patrimonio boschivo, solo 90 anni fa ricco e rigogliosissimo. Nonostante alcuni visibili segnali di miglioramento, dunque, la malnutrizione è tuttora diffusa; l'istruzione, che solo da qualche anno si sta diffondendo, non è ancora appannaggio di tutti. Intanto, la corruzione endemica di una classe politica debole e delegittimata, corrode la fiducia della gente, che nelle bidonville, sempre più affollate dall'immigrazione interna, partecipa alle frequenti proteste che divampano all'improvviso lungo la Rue 9, lo stradone che taglia in due Cité Soleil. Sussulti che però ormai appaiono più che altro inutili messaggi incendiari alle autorità. Sfoghi pittoreschi.

Il contesto in cui lavora AVSI. E' dunque questo il contesto nel quale lavorano le équipe di Avsi, l'Ong che si richiama alla Dottrina sociale della Chiesa Cattolica, che qui a Port-au-Prince sta realizzando un progetto - finanziato dalla Commissione Europea  (ECHO) - che punta a diminuire il tasso di malnutrizione dei bambini al di sotto dei 5 anni. Nei diversi centri allestiti nelle bidonville della capitale, AVSI garantisce uno screening a tappeto per conoscere prima di tutto l'entità del fenomeno, per poi interviene direttamente, somministrando prodotti che ripristinano immediatamente l'equilibrio nutrizionale dei bambini - il plumpynut, una pasta iper-nutriente a base di arachidi - che successivamente seguono con programmi di rieducazione alimentare. Il prodotto terapeudico compatto e di pronto intervento per le malnutrizioni proviene da un'azienda francese, la "Nutriset", con la quale qualche tempo fa, Medici Senza Frontiere accesero una polemica, affinché fosse stabilita una politica più flessibile per sfruttare il loro brevetto.

I casi di malnutrizione e le disuguaglianze. Ci sono casi gravi e meno gravi di malnutrizione, che nel complesso - dice Flavia Maurello, responsabile di questo specifico progetto - è calata dal 2010 ad oggi, ma è ancora endemica, soprattutto nelle bidonville che raccolgono tutti i migranti interni. Nelle zone più povere della capitale, come Martissant, risultano malnutriti il 5% dei bambini sotto i 5 anni; a Cité Soleil, il tasso supera il 7%. Porto-au-Prince, del resto, è una città dove le disuguaglianze sono rappresentate in forma esplicita anche dall'orografia del luogo. La maggior parte dei benestanti vive sulla parte ricca di Pétionville, zona alta della città; chi invece benestante non è abita in basso, verso il mare nelle baracche, dove quando piove l'acqua ti entra anche in camera da letto.

I problemi della sicurezza. Ed è appunto in quei punti della città che AVSI, per cercare spazi dove sviluppare progetti di aiuto alla popolazione, ha trovato difficoltà a imbastire rapporti di fiducia con la gente. "La sicurezza non è mai del tutto garantita", dottolinea Maria Elena Latini, coordinatrice dei progetti di Avsi ad Haiti, perché sono posti dove quando piove, da un momento all'altro - come accade in certi punti di Boston, uno dei sobborghi di Cité Soleil - le strade diventano fiumi che non defluiscono per l'immondizia e il fango che otturano i tombini. E' qui che capita di dover schivare sassate, se non pallottole, lanciate verso "visitatori" di pelle bianca.

L'obiettivo dell'Agenda 2030. AVSI imposta i suoi attuali 149 progetti di aiuto e sviluppo in 30 Paesi del mondo, con uno staff che conta ormai 1.340 persone. Lo scopo che guida un po' tutti i programmi è quello di promuovere i cambiamenti economici, sociali, culturali, sostenibili e duraturi, previsti dall'agenda 2030. Programmi nei quali la persona, con la sua famiglia e la sua comunità è protagonista del cambiamento che si vuole ottenere. Di grande rilievo è il programma di aiuto che, dal 2013, l'Ong ha aperto in una base a Cap Haitien - capoluogo dell'omonimo arrondissement nel Nord dell'isola, la seconda città più popolosa e il secondo porto dello Stato - con un progetto di sviluppo agricolo a favore di 9 mila contadini.