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Nella Norvegia del calcio la vera parità dei sessi: stesso stipendio per uomini e donne

Il trattamento, deciso per atleti delle Nazionale, rappresenta una prima vera svolta in Europa. Ma in Italia la strada è ancora lunga

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ROMA - Parità salariale per calciatori e calciatrici in Nazionale. La svolta, la prima in Europa sul tema, avviene in Norvegia. L'accordo sul pari trattamento economico è stato siglato a Londra (lo scorso ottobre si era giunti a un'intesa tra le parti), nella sede dell'ambasciata norvegese, dal capitano della nazionale maschile Stefan Johansen e femminile, Maren Mjelde, con l'approvazione della federcalcio del Paese scandinavo e del sindacato calciatori. Il contratto prevede l'innalzamento dello stipendio medio delle calciatrici (poco meno del doppio di quanto percepito in precedenza), che sarà identico - circa 620 mila euro - a quello degli uomini, che hanno accettato di ridursi i compensi di circa 60 mila euro.
 
IL GENDER GAP AVVERTITO IN EUROPA, MENO IN ITALIA - Insomma, un enorme passo in avanti per il movimento calcistico femminile, non riconosciuto in sostanza dal calcio norvegese sino a 41 anni fa. Ma il gender gap nel calcio è sul tavolo da diverso tempo. Soprattutto in Europa. Uno degli ultimi studi del Cies Observatory (il Global Sports Salaries Survey 2017) mostrava che l'ingaggio annuale garantito dal Psg a Neymar, intorno ai 30 milioni di euro annui, pareggiava  il totale degli stipendi delle migliori calciatrici di sette Paesi. Lo scorso settembre la nazionale femminile danese cancellava un'amichevole con l'Olanda per contrasti sui salari con la federazione, con la squadra maschile che offriva quasi 80 mila euro alle ragazze per coprire i costi dei loro impegni agonistici. L'anno scorso le calciatrici irlandesi minacciavano uno sciopero, perché "trattate come cittadini di quinta classe" dalla federazione, dopo l'invito a cambiarsi nei bagni per una partita. E la questione ha sorvolato anche lo sport italiano: lo scorso ottobre era il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, a sollecitare, attraverso un post sul suo profilo ufficiale Facebook, un intervento del Ministero dello Sport per arrivare al pari trattamento economico per calciatori e calciatrici (che sono ancora dilettanti), prima di una lunga fila di interventi ironici sul social, in cui gli utenti esortavano il Governo a equiparare i compensi dei politici con quello degli operai.
 
AMERICANS DO IT BETTER -  Invece negli Stati Uniti il tema è stato parecchio sentito, arrivando sino al Congresso. Lo scorso aprile è stato firmato l'accordo quinquennale tra atleti, atlete nazionali e la federcalcio statunitense, la U.S. Soccer, che stabiliva la pari retribuzione. La decisione era arrivata dal Senato, con un lungo iter legislativo, avviato dalla senatrice Patty Murray. In precedenza, cinque calciatrici della nazionale a stelle e strisce - tra cui il portiere Hope Solo, che pochi giorni fa ha ufficializzato la sua candidatura alla presidenza della federazione e che un mese fa accusava l'ex numero uno del calcio mondiale Joseph Blatter di molestie sessuali - avevano inviato un reclamo ufficiale alla Commissione per le pari opportunità sul lavoro degli Stati Uniti (Equal Employment Opportunity Commission) in cui accusavano la U.S. Soccer, di discriminare le calciatrici nelle retribuzioni. In particolare, sui premi per il successo in tornei (la nazionale americana è detentrice della Coppa del Mondo ed è campione olimpica -, arrivando sino al 40% in meno rispetto ai colleghi. Un'accusa che spingeva il New York Times ad aprire i registri contabili della US Soccer, che mostravano ampiamente il divario alla voce pagamenti tra i due sessi.
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