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Omicidio Desirée, condannati tutti e 4 gli imputati: due all'ergastolo. Nuovo arresto nella notte per l'unico assolto per la violenza

La terza Corte d'Assise, dopo quasi sette ore di camera di consiglio ha condannato il branco che ha violentato e ucciso la 16enne. Brian Minthe non uscirà dal carcere: la procura ha chiesto e ottenuto nella notte una nuova misura per omicidio

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Due ergastoli, una pena di 27 anni e una di 24 anni e sei mesi. Uno dei quattro ha pure pregustato la libertà: è stato assolto dall'accusa di violenza sessuale che lo teneva in carcere.

Tanto è bastato per deludere la madre di Desirée, Barbara Mariottini, che all'uscita ha detto: "Uno degli assassini di mia figlia è libero, non me lo spiego, non ho avuto giustizia". Brian Minthe, però, non uscirà: la procura ha chiesto e ottenuto ieri notte una nuova misura per omicidio perché risulta "concreto e attuale il pericolo di fuga".

Minthe, secondo la corte, sarebbe potuto fuggire "anche al fine di sottrarsi all'esecuzione della pena come da lui fatto nell'immediato al momento del decesso di Desirée Mariottini".

L'uomo, secondo quanto emerge dalle 3 pagine di ordinanza, "non ha mostrato segni di resipiscenza". Inoltre, visto che Minthe è sprovvisto di abitazione "non sarebbero praticabili misure meno gravose" del carcere. L'ordinanza è stata notificata dai poliziotti della Squadra Mobile di Roma ieri sera presso la casa circondariale di Regina Coeli.

Sono passati quasi tre anni dalla mattina del 19 ottobre 2018, quando la polizia trovò il corpo di Desirée Mariottini, 16 anni e originaria di Cisterna di Latina, in uno stabile abbandonato nel quartiere San Lorenzo di Roma, raduno e spesso anche giaciglio di pusher e tossici.

Subito si pensò a una morte per overdose, ma poco dopo apparve chiaro che la minorenne era stata drogata e violentata da un gruppo di quattro persone, tutte accusate di omicidio, violenza sessuale di gruppo e cessione di sostanze stupefacenti.

Ieri la terza Corte d'Assise, dopo quasi sette ore di camera di consiglio ha condannato i quattro responsabili. Il ghanese Yousif Salia, 33 anni, all'ergastolo, i senegalesi Mamadou Gara all'ergastolo, 28, e Brian Minthe, 44, a 24 anni e sei mesi e il nigeriano Chima Alinno, 48 a 27 anni. I quattro erano tutti presenti alla lettura, la hanno attesa per tutto il giorno, dietro alle sbarre.

La sentenza è stata attesa con grande tensione dalla famiglia di Desirée. I suoi amici e parenti indossavano tutti una t-shirt con la sua foto e fuori dall'aula bunker di Rebibbia avevano appeso striscioni: "Giustizia per Desirée". La madre, appena prima della lettura del dispositivo, aveva detto a Repubblica: "Mi sembra ancora di vivere un incubo. Tutto quello che vorrei è svegliarmi e poter abbracciare Desirée. Il dolore della sua assenza mi accompagna ogni giorno".

Le indagini della quarta sezione della squadra mobile, coordinata dal procuratore aggiunto Maria Monteleone e dal sostituto Stefano Pizza, hanno dimostrato che i quattro uomini hanno intenzionalmente somministrato droga alla ragazzina con il preciso intento di stordirla e abusare di lei.

E hanno, secondo l'accusa, altrettanto scientemente deciso di lasciarla morire quando era ormai chiaro che la giovanissima avesse perso i sensi per quel cocktail di droga e psicofarmaci. Alcuni testimoni hanno raccontato che quando hanno suggerito di chiamare i soccorsi, alcuni degli imputati li hanno minacciati: "Meglio lei morta che noi in prigione".

Anche per questo, nel corso della loro requisitoria, i pubblici ministeri avevano auspicato l'ergastolo con isolamento diurno per tutti gli imputati.

Dalle carte è emerso che gli imputati avevano assicurato alla ragazza, che si trovava in crisi di astinenza, che quel mix di sostanze composto anche di tranquillanti e pasticche non fosse altro che metadone. Ma la miscela, "rivelatasi mortale" era composta da psicotropi che hanno determinato la perdita "della sua capacità di reazione" consentendo agli indagati di poter mettere in atto lo stupro in uno stabile fatiscente nel cuore dello storico quartiere romano.

Gli esami disposti dalla Procura hanno confermato che sotto le unghie e sugli abiti di Desirée è stato trovato il dna del branco.

La tragedia di questa ragazzina sconvolse la città. E quell'edificio abbandonato, ricettacolo di pusher e tossici, divenne una macchia. La sindaca Raggi aveva promesso la riqualificazione dell'immobile che, però ancora oggi è esattamente nello stesso stato in cui era quando, quella maledetta notte, Desirée venne drogata, violentata e uccisa.