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Politica

Il caos nel centrodestra fa saltare l'accordo Lotti-Gianni Letta. E Renzi teme l'intesa tra M5s e i non renziani del Pd

Remo Casilli / Reuters
Remo Casilli / Reuters 

"Tocca a loro, punto. Tocca a loro. Lo dico dal 5 marzo", va ripetendo Matteo Renzi in Transatlantico al Senato. La guerra interna al centrodestra colpisce al cuore l'accordo stretto tra Luca Lotti e Gianni Letta sul nome di Paolo Romani alla presidenza del Senato. Con il candidato di Forza Italia silurato dalla Lega crolla anche l'astensione tecnica decisa dal Pd per aiutarlo. E ora? Ora è tutto un gran caos. Ma per Renzi il Pd deve starne fuori e confermare la linea di astensione domani all'assemblea dei senatori e dei deputati del Pd convocata per le 9, prima della ripresa delle votazioni a Palazzo Madama e al Senato.

Insomma, la linea è: nessun accordo con nessuno. Né con il centrodestra, né tantomeno con i cinquestelle. Il punto è che Renzi teme che il M5s possa stringere intese con i non-renziani del Pd, magari sostenendo i nomi di Dario Franceschini o Graziano Delrio o addirittura Paolo Gentiloni per la presidenza di Montecitorio.

Eppure, la rottura del centrodestra potrebbe favorire un asse tra Salvini e Di Maio. Potrebbe insomma mettere a tacere le voci che imperterrite hanno continuato a girare per tutta la giornata. E cioè che il M5s potesse proporre un nome vicino al Pd per mettere in difficoltà la parte renziana e sperare in un sostegno Dem nella gara per la presidenza della Camera. Si era parlato di Emma Bonino o Luigi Zanda per il Senato, quali nomi che sarebbero stati tirati in ballo dal M5s. Niente di tutto questo, il M5s si avvicina all'accordo con la Lega – se sarà così – ma Renzi non si fida e cerca di piantare i suoi paletti nel partito, lasciando trapelare le sue riflessioni su eventuali accordi sottobanco con i pentastellati.

Timori che mettono a nudo le divisioni nei gruppi parlamentari del Pd. Ma è lo stesso ex segretario a smascherare quelli che pensa siano i giochi all'interno del suo partito. E' convinto però di riuscire a controllare i gruppi per fermare eventuali manovre tra i Dem e i cinquestelle. A partire dall'assemblea dei gruppi, convocata per domattina alle 9. "Valuteremo nelle prossime ore" se continuare a votare scheda bianca "rispetto a come evolverà la situazione, ma in questo momento ci preme sottolineare il giudizio negativo su ciò che sta accadendo", dice Lorenzo Guerini, vicino a Renzi e probabile nuovo capogruppo alla Camera. "Parlare della candidatura per la presidenza del Senato come una provocazione che viene messa in campo credo che sia andare in una direzione che non va nel senso della responsabilità che una scelta come questa richiede. Si sta giocando con il tema delle presidenze di Camera e Senato per regolare rapporti di forza dentro le coalizioni tra i partiti. Credo che invece ci dovrebbe essere un atto di responsabilità".

La minoranza orlandiana chiede che il Pd proponga un "nome di garanzia". Tra i renziani la leggono come una trappola, "meglio scheda bianca", dicono. La temperatura nel partito resta alta. In vista della giornata di domani: fatidica.

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