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Politica

La coalizione regge alla pressione del Colle

Governo, scontro su Savona. Salvini: "No a passi indietro, stasera lista ministri a Conte"

Quando Matteo Salvini esce da oltre quattro ore di vertice con tutti i suoi colonnelli dal quartier generale di via Bellerio, la faccia è scura ma determinata: "Se il governo salta la frattura è con gli italiani, i cui ministri non devono necessariamente piacere ai tedeschi. Consegnerò la lista al premier, bisogna mettersi al più presto al lavoro". Il braccio di ferro con il Quirinale sulla nomina di Paolo Savona all'Economia non ha cessato di calare d'intensità per tutto il giorno. Più o meno le stesse parole di Di Maio più tardi: "O si chiude questa partita del governo entro le prossime 24 ore o non si chiude più". ha detto il leader M5s a Terni intervenendo a un'iniziativa elettorale in vista delle elezioni comunali. Lo ha fatto parlando della formazione dell'Esecutivo. "Abbiamo aspettato già abbastanza - ha affermato il leader del movimento M5S - e adesso è il momento di iniziare a lavorare per gli italiani".

Sulla scrivania del segretario della Lega è piombato un sondaggio riservato, molto gustoso per le camicie verdi. Salvini è ritenuto di gran lunga il leader più convincente nella fase post elettorale, staccando Luigi Di Maio. Ed è apprezzato molto più nell'elettorato stellato di quanto l'alleato sia tra chi ha votato il Carroccio. Un analogo risultato lo vede superare il capo politico 5 stelle in credibilità nel ruolo di ministro. Ma soprattutto a confortarlo un dato. Quello relativo alle ingerenze – reali o presunte - dell'Europa sui primi passi mossi dal nascituro governo. Che per il 55% degli elettori sono profondamente sbagliate e solo per il 17% necessarie, con un 14% che si colloca nel mezzo, giudicandole giuste ma esagerate.

Numeri che hanno rafforzato Salvini a continuare sulla strada tracciata: "Su Savona non si molla, è una figura dal profilo solidissimo che rispecchia l'orientamento del governo. Se cade lui torniamo al voto". I telefoni suonano a vuoto, tantissimi i messaggi gettati inutilmente nell'etere. Dalle parti della Camera si respira un'aria strana, un cronista ironizza: "Sembra l'inizio di un golpe, quando saltano le linee telefoniche". In tarda serata la Lega lascia filtrare che l'impasse con il Colle non ha fatto alcun passo avanti. Ma per il Carroccio la questione travalica il Quirinale, e arriva fino a Berlino: "È una questione politica – spiega un dirigente – non possiamo farci imporre una casella così cruciale dalla Germania. E dopo tutta la campagna stampa contraria qualunque nome diverso sarebbe un passo indietro che non possiamo accettare".

Dritti come un treno, ancora senza sapere se si schianterà su un binario morto o se riuscirà ad arrivare in stazione. Una rotaia che sta prendendo dimensioni internazionali. Giuseppe Conte, il premier incaricato, poco prima di cena ha comunicato di avere ricevuto una telefonata dal presidente francese Emmanuel Macron, che "ha formulato i Suoi migliori auspici per il governo che stiamo formando in Italia". Con grandissima soddisfazione di tutto l'universo stellato (da mesi si parla di diversi abboccamenti tra i due mondi), che lo interpreta, non a torto, come un tentativo di bilanciare le spinte teutoniche. Anche perché Luigi Di Maio è rimasto giocoforza incastrato nel no pasdaran leghista su Savona, dovendo fare buon viso a cattivo gioco, nonostante non ne faccia una questione dirimente per il governo. Ma il leader stellato ha capito che sul punto l'alleato non cede. E senza di lui, nessun governo è possibile. E né gli converrebbe scartare e scaricare Savona, rendendo di fatto impossibile la formazione dell'esecutivo e dovendo a quel punto subire una campagna elettorale tutta giocata dalle truppe di Pontida sul suo presunto ruolo pro-establishment.

Un risiko complicatissimo, che ha visto per tutto il giorno Conte asserragliato nelle stanze del governo alla Camera, dove ha ricevuto l'ex direttore generale degli Affari politici della Farnesina, Luca Giansanti, possibile ministro degli Esteri del governo gialloverde, e ha continuato un lavoro di mediazione sulla squadra dagli esiti ancora incerti, stretto tra la pressione della futura maggioranza, il Quirinale e le sollecitazioni internazionali.

Una squadra che sembra delineata nella gran parte, ma con ancora alcuni nodi da sciogliere. Caduto il nome di Vincenzo Spadafora, che rimarrà vicino a Di Maio come consigliere ma che è stato affossato come possibile ministro dalle perplessità in una larga parte del Movimento e da alcuni articoli di stampa che lo hanno messo in correlazione con il chiaccheratissimo costruttore Balducci, è data in bilico Laura Castelli. Repubblica ha svelato che la pasionaria 5 stelle è stata la talpa che ha contribuito alla stesura di "Supernova", un libro molto critico nei confronti dei 5 stelle e del suo attuale leader. "Certo, vederlo nero su bianco fa effetto, ma lo sapevamo tutti, è una storia archiviata", minimizza un uomo vicino alla leadership. Insomma: Spadafora bruciato, Castelli solo ridimensionata ma pur sempre in squadra (si parla di un ruolo alla Pa). Con il ministero delle Infrastrutture che ancora balla tra Lega (il senatore Candiani) e 5 stelle (Toninelli), rimangono aperti i nodi di Esteri e Difesa, anch'essi oggetto di triangolazione con il Colle.

Tutti discorsi che valgono quasi zero, se il Carroccio, trascinandosi dietro gli alleati, dichiarerà guerra al Quirinale, scatenando una Vandea istituzionale dagli esiti impronosticabili. E in un sabato sera percorso da un vento afoso, ancora non si sa se e quando il tecnopopulista indicato come prossimo premier (benedetto nel frattempo da parole al miele pronunciate da Steve Bannon, il falco ex trumpiano in visita a Roma) scioglierà la riserva. Forse domenica, forse più in là. Benvenuti nella House of cards all'italiana.

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