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Economia

Alert sulle banche: lo spread chiude a 301 e gli istituti soffrono. Sopra quota 400 scatta il salvi tutti. Il parere degli analisti

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La spia della sala emergenze è monitorata minuto per minuto. Si accenderà quando e se lo spread travalicherà la soglia dei 400 punti base, ma già oggi, con la fiammata mattutina a 340, incute paura. Dentro la sala ci sono le banche italiane: non tutte, ma neppure uno o due casi isolati. Per gli analisti che in queste ore guardano a cosa sta succedendo dietro la curva dello spread sono loro i soggetti più fragili e già colpiti da una tensione fortissima sui mercati. "Già i livelli di oggi sono di allerta e lasciano gli operatori finanziari in uno stato di incertezza non risolta. Questo può portare a posticipare decisioni di spesa o di investimento con un impatto negativo sull'economia reale", spiega Fabio Castaldi di Pictet Asset Management. Poi c'è lo spauracchio quota 400, foriero di dolori. Perché - dice Francesco Pratesi, capo analista di Martingale Risk - a quel punto si rischia la "pioggia sul bagnato" per gli aumenti di capitale che alcuni istituti sarebbero costretti a mettere in campo se vorranno continuare a reggersi in piedi.

Il raggiungimento, da parte dello spread, della soglia dei 400 punti è l'elemento che separa lo stato dell'alert da quello dall'allarme rosso (oggi ha chiuso in ribasso a 301 dopo aver toccato una punta di 340). Vale per gli investitori esteri, la cui fuga si farà più sostanziosa rispetto a quella già imponente certificata oggi dalla Banca d'Italia, con gli acquisti dei titoli italiani che si sono ridotti di 66 miliardi da maggio ad agosto. Vale per i cittadini, che avranno molte difficoltà a stipulare un mutuo nuovo o a ottenere un prestito. Per le banche vae ancor di più, dato che gli analisti le descrivono come il capo di quella spirale che, avvitandosi, trascina via i livelli sottostanti, cioè i clienti, imprese o cittadini che siano. Sono, in altre parole, i primi e più sensibili bersagli dello spread già con il livello registrato oggi, cioè stabilmente sopra i 300 punti. "Chi va a prendere nuovi mutui in banca, nella contrattazione del tasso - spiega Pratesi - paga il maggiore costo di provvista della banca. La banca sotto stress per i Btp, infatti, paga di più la raccolta di capitali sui mercati e riversa quindi questo maggiore costo in termini di maggiore rialzo per il cliente. È un serpente che si mangia la coda". Angelo Dipasquale, co-head della divisione Fixed Income di Equita, sottolinea come le banche italiane, "compratori naturali di Btp", soffrono per il deprezzamento di questi titoli e si sta andando quindi incontro a una "complicazione del processo di rischio". Per Gianluca Garbi, amministratore delegato di Banca Sistema, "già oggi chi deve accedere a nuovi finanziamenti o sostituire un vecchio finanziamento pagherà di più perché l'erogazione del credito deve tenere conto del nuovo andamento sui tassi". Le banche hanno quindi iniziato a trasferire sui clienti l'impatto della crisi dei Btp. "La scelta di una banca - aggiunge Garbi - può essere oggi quella di non fare l'erogazione in attesa di capire se questa fase transitoria si stabilizzerà, oppure se eroga il finanziamento lo fa con un tasso più elevato".

Il 2 novembre, poi, gli istituti di credito saranno chiamati alla prova degli stress-test europei. Come ci arriveranno è il quesito che interroga gli operatori sui mercati. Soprattutto: con quale livello di spread? Sulla possibilità che si arrivi a quota 400 gli analisti sono moderatamente cauti. Oggi, come spiega Pratesi, sullo spread pesano "la pessima reazione dell'Europa al Def" e la "debolezza della stabilità del governo". È a questi due elementi che è legata la possibilità di varcare quella che lo stesso governo ha definito la soglia psicologica. Perché per gli analisti i giudizi delle agenzie di rating Standard & Poor's e Moody's, rispettivamente il 26 ed entro il 31 ottobre, sono il male minore. L'Italia è due gradini sopra il livello junk, cioè spazzatura, e solo il taglio di due notch (scatti) potrebbe rompere la diga dei 400 punti. "Uno spread ai livelli attuali incorpora già un taglio al rating del debito italiano. Non si può escludere una reazione fortemente negativa che possa portare il differenziale Btp-Bund alla soglia dei 400 punti se le agenzie dovessero tagliare di due livelli il rating o accompagnare un taglio con un outlook negativo", chiarisce Massimo Saitta, direttore investimenti di Intermonte Advisory e gestione. Anche Garbi evidenzia come "lo spread oggi include un downgrading".

Non è scontato, quindi, che si raggiunga la soglia dei 400 punti. I management delle banche, però, stanno già pensando allo scenario peggiore. Fitch ha scritto, nero su bianco, che le banche italiane subiscono "una maggiore pressione sui rating dal rischio sovrano". Questi rischi includono "l'erosione di capitale dovuta al calo dei prezzi dei titoli di Stato, i più elevati costi di finanziamento e l'incertezza macro-economica". Domani? L'agenzia di rating ha le idee più che chiare: peggioramento. Tanto che ha deciso di tagliare a negativa la prospettiva di sei banche (Intesa, Unicredit, Mediobanca, Credem, Bnl e Unipol Banca. Secondo gli analisti di Fitch questi istituti hanno tutti "vari gradi di esposizione diretta nei loro portafogli nel rischio sul debito dell'Italia".

È un avvertimento, una previsione, ma è pesante. E sopra i 400 punti la musica si fa de profundis perché a quel punto, come annota Saitta, "lo spread andrebbe a erodere il capitale e nel caso si consolidasse a quel valore obbligherebbe gli istituti più esposti al governativo a ricapitalizzare, oltre a rendere meno competitive le banche domestiche nel reperimento di risorse da impiegare". Ricapitalizzazione, che significa trovare risorse sui mercati per aumentare appunto il proprio capitale. Affacciarsi sui mercati, con lo spread a 400, è però una caccia al buio perché gli investitori, con livelli così alti, saranno altrove. Ancora più lontani dal rischio Italia.

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