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Politica

Missione 'governo compatto'. Conte torna a Roma per ricucire e affrontare la battaglia con l'Ue: la manovra non cambia

JOHN THYS via Getty Images
JOHN THYS via Getty Images 

Al termine di tre giorni di vertici a Bruxelles in cui si è ritrovato solo contro tutta Europa nella battaglia italiana del deficit, Giuseppe Conte torna a Roma con una missione: ricucire le tensioni interne tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, rimettere in salute il governo gialloverde. Così lo spread non schizzerà in su, come invece è avvenuto stamane con un picco di 340 punti percentuali, record degli ultimi 5 anni. E' questa la convinzione maturata nel governo, nelle telefonate concitate tra il premier da Bruxelles e i suoi due vice che in Italia stanno litigando da giovedì sera. Insomma il problema è a Roma, è interno e non europeo. Risolto quello, risolto tutto e, una volta ritrovata la compattezza, il governo può continuare la sua battaglia sulle spese in deficit in manovra, anche se tutta Europa ha deciso di fargliela pagare, confidando nell'aiuto delle agenzie di rating che giudicheranno il sistema Italia tra una settimana.

Conte riparte convinto della bontà del documento programmatico di bilancio italiano. "Abbiamo preso solo lo 0,4 per cento di deficit in più - ripete prima di lasciare Palazzo Justus Lipsius - Vedete come è importante sedersi attorno a un tavolo...". Frase che non prelude a ripensamenti. Anzi, continua, intorno al tavolo "potrò spiegare che non è una deviazione così grave rispetto alla manovra che si aspettavano. Ci si siede attorno a un tavolo con i numeri davanti e si spiega...".

Entro lunedì a mezzogiorno il ministro dell'Economia Giovanni Tria dovrà rispondere alla lettera di richiesta di chiarimenti della Commissione Europea, recapitata ieri a Roma davanti agli occhi del mondo riunito a Bruxelles: oltre ai leader europei c'erano anche i leader orientali per il vertice euro-asiatico. Clamore mediatico assicurato, operazione di accerchiamento riuscita.

Domani, nel consiglio dei ministri che servirà a dirimere lo scontro tra Lega e M5s sul decreto fiscale, il governo metterà a punto anche la linea per rispondere a Bruxelles. Mettendo nel conto la bocciatura: perché qui nei palazzi europei Conte è stato avvertito in tutte le salse, in tutte le lingue.

L'Europa non teme la levata di scudi italiana sulla manovra economica. Pur debole per i fallimenti passati, fa fronte comune contro Roma. Prova a giocarsela contro l'unico governo populista d'Europa, se si escludono paesi dell'est che comunque non stanno spendendo una parola per l'Italia. L'Ue è compatta nella reazione, pronta alla bocciatura se lunedì il governo dovesse rispondere picche. Anche perché non teme rischi contagio nella zona euro per l'aumento dello spread italiano. "Non ci sono", dice secco il Commissario europeo agli Affari Economici Pierre Moscovici al termine della sua due giorni romana, l'inizio di una grande cavalcata verso le europee di maggio.

Perché l'Italia con il suo populismo al governo è un po' lo strumento utile ai filo-europeisti per tentare di battere i sovranisti alle elezioni. E' il grimaldello perfetto per scavare nella loro alleanza che entra in crisi sui contenuti: è accaduto sulla solidarietà negata all'Italia in tema di immigrazione, accade ora sulla nuova richiesta italiana di flessibilità. Nessuno si spende per Conte, per Salvini, per il governo gialloverde sulla manovra economica. Non lo fa l'ungherese Viktor Orban, non lo fanno i tedeschi dell'Afd, non lo fa l'austriaco Heinz-Christian Strache.

Non a caso uno dei frontman di questa reazione europea è Sebastian Kurz, giovane astro nascente dei Popolari, Cancelliere che in Austria governa con il sovranista Strache, 'amico' di Salvini. Anche oggi Kurz ha voluto dire la sua contro l'Italia, anche se nessuno dei giornalisti gliel'aveva chiesto: l'ha scelto lui. "Vorrei dire qualcosa sull'Italia...". Vai. "Come Unione Europea non siamo disposti ad accettare il rischio di caricarci questo debito per l'Italia. L'Ue è una economia e una comunità di valori e funziona perché ci sono regole comuni a cui tutti devono aderire. Se si rompono queste regole e l'Italia si allontana da Maastricht, allora significa che l'Italia si mette in pericolo, ma ovviamente mette a rischio anche gli altri".

Chiaro. Dopo un'eventuale bocciatura della Commissione, Roma ha tempo fino alla fine di novembre per rispondere, presentando un altro testo o confermando quello attuale. E in caso di conferma, si va verso una procedura per debito eccessivo, che comunque richiede tempo, verrebbe attivata dal Consiglio europeo l'anno prossimo, a manovra approvata dal Parlamento. La guerra è lunga e in mezzo ci sono le europee.

Certo, la Francia è rimasta dieci anni sotto procedura (per deficit, nel loro caso). Dunque in teoria il governo può continuare a confermare manovre in 'deficit-spending' anche l'anno prossimo, sperando così di alimentare la crescita. Ma fino a quando non c'è un rientro, si perdono soldi. E Moscovici, non a caso, fa anche sapere che "io non finirò a maggio, ma ci sarò fino a novembre 2019, per questa manovra ma anche per quella successiva". Perché la squadra di Juncker non va in scadenza con le elezioni di maggio ma a novembre dell'anno prossimo, appunto.

E' un avvertimento, condito con intenzioni di "dialogo" con l'Italia, certo. Del resto, anche l'atteggiamento degli altri leader qui a Bruxelles verso Conte non è mai stato aggressivo in questi giorni. Al massimo freddo, ma ieri sera con Emmanuel Macron, Angela Merkel e altri capi di Stato e governo, il premier è rimasto a parlare per ben due ore, in totale relax di fronte ad una birra.

Ma l'apparenza non inganni. In questi tre giorni l'Ue ha ingranato la marcia contro Roma, gioca compatta per salvarsi. "I filo europei, coloro che rifiutano il populismo, avranno la maggioranza nel prossimo parlamento europeo - è convinto Moscovici - Penso che la prossima commissione Ue sarà come tutte quelle che l'hanno preceduta". Alla lunga, se la guerra con Roma continua, l'Ue ha già deciso: tra salvare l'Italia e salvare l'eurozona, Bruxelles sceglie la seconda. E a quel punto l'Italia resta fuori: perché ce la mandano, non perché lo scelga.

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