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Politica

Perfetti sconosciuti

ALBERTO PIZZOLI via Getty Images
ALBERTO PIZZOLI via Getty Images 

Palazzo Chigi, interno giorno. Davanti alla sala dove si riunisce il Consiglio dei ministri c'è un'anticamera. Domani alle 13 sarà affollata da capi di gabinetto, capi degli uffici legislativi e tecnici. In alcuni ministeri a questi ultimi è stato rivolto un invito molto particolare. Suona più o meno così: "Quando state lì dentro, cellulari ben visibili in mano".

È in questo clima che Lega e Movimento 5 stelle si incontreranno domani. Prima un vertice politico. Quindi il Cdm con un ordine del giorno delicatissimo. La lettera che lunedì andrà inviata a Bruxelles in merito alle durissime osservazioni che la Commissione ha mosso alla legge di bilancio. E, soprattutto, la riformulazione del decreto fiscale, che ha fatto esplodere il caso politico delle ultime 48 ore.

Caso su cui sono tornati oggi sia Matteo Salvini Sia Luigi Di Maio. "Non ci sto a farmi prendere per fesso", ha detto il primo, spiegando che Di Maio e Giuseppe Conte erano perfettamente a conoscenza del testo nella sua formulazione approvata. "Non passo per bugiardo, abbiamo definito solo i termini generali dell'accordo", ha risposto a stretto giro il secondo.

Al di là delle ripicche – esternate via Facebook, come due innamorati feriti – l'intenzione di entrambi è di trovare un accordo. Gli sherpa di entrambi i lati stanno lavorando in queste ore per limare un testo che possa essere il punto di mediazione da portare al vertice e poi in Consiglio. Gireranno nuove bozze, del decreto come della missiva per Bruxelles, ed è per questo che sui tecnici si è accesa una luce carica di diffidenza.

Il Movimento 5 stelle ne ha messi tre nel mirino. Claudio Zaccardi, capo del legislativo del ministero dell'Economia. Fabrizio Lapecorella, Direttore generale finanze del Mef. E Daria Perrotta, Capo ufficio della segreteria del Consiglio dei ministri. Per i pentastellati è soprattutto su quest'ultima che gravano i sospetti. Perché è dal suo ufficio che passano tutti i testi diretti al Cdm. E per il suo background di ex capo di segreteria di Maria Elena Boschi, passato mal digerito dalla metà gialla dell'emisfero governativo.

Una fonte dell'esecutivo conferma: "Effettivamente le redini del testo le hanno tenute quei tre funzionari". La Perrotta ha supervisionato la parte politica. Zaccardi quella tecnica di sostenibilità economica e armonizzazione del testo di legge. Lapecorella avrebbe supervisionato tutto. Ma proprio perché i secondi due avrebbero svolto un lavoro di "semplice" supporto che gli strali stellati avrebbero riguardato la prima. La quale lavora in stretto contatto con Giancarlo Giorgetti.

Ecco dove il nodo tecnico e quello politico si stringono, creando un grumo di diffidenza e risentimenti difficile da sciogliere. Ecco perché Di Maio dice livido di voler cambiare i meccanismi del Cdm, mentre Salvini respinge le accuse rivolgendo all'alleato parole taglienti. Al quale Di Maio risponde per le rime, da capo politico a capo politico. Mordendosi la lingua solo quando attacca chi "non ha voluto convocare il pre consiglio dei ministri". Giorgetti, ovviamente, che avrebbe fatto appositamente melina per non far visionare le bozze con sufficiente anticipo agli alleati. Anche se un funzionario di lungo corso spiega: "Solitamente i decreti non passano dal pre consiglio, soprattutto quelli ponderosi e complessi".

Solo il tempo e la pratica di governo – spread e mercati permettendo – potranno portare a limare le asperità. La ragione sta nel mezzo. Perché, spiega una fonte 5 stelle che il punto su cui ha ragione la Lega è che "noi potevamo gestire diversamente la situazione, cercando un'interlocuzione politica e non esasperando i toni in tv". Ma spiega anche una fonte del Tesoro che è pur vero che "i pentastellati faticano a rapportarsi con la macchina, sia la nostra che quella di Chigi. A Laura Castelli e Alessio Villarosa (viceministro e sottosegretario) spesso i documenti arrivano in ritardo, o non sono informati tempestivamente di riunioni o punti tecnici".

Ma intanto c'è da trovare un punto di caduta sul decreto fiscale. E subito. Una mediazione allo studio è quello di limitare al massimo la cumulabilità delle cartelle soggette alla dichiarazione integrativa. Rimarrebbe la possibilità di dichiarare beni e capitali all'estero, ma in una formula che eviti in maniera netta qualunque tipo di salvacondotto per chi ricicla denaro. Con i corollari del Rcauto su cui i 5 stelle dovrebbero cedere, e del caso Ischia.

Insomma un puzzle le cui tessere sono tutt'altro che a posto, ma intorno a cui lavorano spalla a spalla persone che hanno tutta l'intenzione di risolverlo. Certo, persone che negli ultimi giorni hanno iniziato a diffidare l'un dell'altro, le cui litigate hanno intaccato la reciproca soglia di tolleranza. Un clima in cui basta che le mani si incrocino inavvertitamente, per portare una delle due a dare un calcio al lavoro faticosamente fatto.

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