Scegli di capire.

Gedi Smile Abbonati
Inserti
Ancora su HuffPost
Guest
Tutte le sezioni

GEDI Digital S.r.l. - Via Ernesto Lugaro 15, 10126 Torino - Partita IVA 06979891006

Cultura

Cristiano De André: "Mio padre era severo, distante. Ma vedeva il domani e non se ne accorgeva. Così come, a volte, non si accorgeva di me"

Pacific Press via Getty Images
Pacific Press via Getty Images 

"Mio padre dormiva di giorno e scriveva di notte. Non lo vedevo mai". A ripercorrere il rapporto burrascoso con Fabrizio De André è il figlio Cristiano in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera. Racconta di quanto distante e severo fosse, di quella volta che buttò giù la porta del bagno in cui si era nascosto con un'ascia, della sua presenza "ingombrante" e poi dell'assenza, dopo la sua scomparsa. "Non l'ho mai sognato - afferma -. Ma gli parlo tutti i giorni". D'altronde c'è una passione che li accomuna ancora entrambi: la musica.

"Di mio padre ricordo solo due entusiasmi. Quando, a sei anni, pescai un dentice enorme, e quando a Sanremo cantai Dietro la porta. Furono le uniche due volte in cui mi abbracciò e disse che era orgoglioso di me. Non è stato facile crescere con lui. I figli d'arte crescono con un padre ingombrante, io sono cresciuto con un mito. Cosa puoi fare con un mito? Non puoi ucciderlo né cercare di diventare come lui. Io ho provato a convivere con Fabrizio De André, senza mai cercare di imitarlo. Ho studiato musica e guadagnato il suo rispetto. Mi aveva affidato la direzione musicale del tour di Anime salve e parlavamo di un disco da scrivere e cantare insieme. Ci siamo divertiti e io, negli ultimi anni, ho capito di avere un padre. Ci eravamo finalmente avvicinati. Quando pensavo fosse arrivato il momento di essere padre e figlio fino in fondo, lui se n'è andato".

Nella sua autobiografia, La versione di C., Cristiano De André afferma di aver sentito chiaramente - insieme alla sua compagna - l'odore del padre, la notte dopo la sua morte.

"Sì. Era lui. Non ho il minimo dubbio. L'odore di un padre lo sai riconoscere tra mille. Forse voleva dirmi che non era ancora pronto per andarsene del tutto. Anarchico fino in fondo, quasi a dire a Dio: 'Va bene, hai vinto tu, ma almeno decido io quando salire all'ultimo piano'".

In sogno, però, il padre non si palesa.

"Non lo sogno mai. Però gli parlo. Tutti i giorni. Ogni volta che ho un'idea, un dubbio, un problema. Lui risponde sempre. Più di quando c'era davvero".

Visto con gli occhi di un bambino, Fabrizio De André poteva certamente apparire come un padre assente.

"Mio padre aveva orari tutti suoi. Dormiva di giorno e scriveva di notte. Non lo vedevo mai. Quando facevo un po' di baccano, lo sentivo urlare: "Portate via il bambino". Una volta, la maestra diede un compito in classe: "Parlate di vostro padre". Io scrissi: "Mio padre dorme". Non sapevo cos'altro scrivere. Ecco, il libro che ho scritto è come un tema lungo, quel tema che non ho mai fatto. Avevo bisogno di raccontare il rapporto con mio padre e con la musica. Per farlo ho dovuto spogliarmi nudo e poi svestire anche gli altri. Ho sentito troppe falsità e bugie in questi anni. Scrivere un libro è stato un modo per riscattare la mia vita. Alla fine, però, ho scoperto che chi ha conosciuto mio padre ha capito, chi non lo ha mai incontrato forse ha giudicato male quello che ho scritto".

Una volta gli fece mangiare carne di maiale, confessandogli poi di aver ucciso proprio la sua migliore amica, la scrofa che il figlio piccolo portava al guinzaglio, scatenando il lui pianti e vomito. Un'altra volta i due ebbero uno scontro fisico: Fabrizio De André sfondò la porta della stanza in cui era nascosto Cristiano con un'ascia.

"Purtroppo, mio padre beveva. Quella volta non volevo seguirlo in Sardegna, perché per me la Sardegna era vacanza. Lui voleva iscrivermi a una scuola di Tempio Pausania. Io mi ero nascosto in bagno e avevo chiuso a chiave la porta. Mio padre pensò che buttarla giù con un'ascia fosse il modo più rapido per finire la questione. Solo che io, quando mi accorsi che stava per entrare, scappai sul tetto".

Proprio della Sardegna Cristiano parla con il cuore in mano:

"La Sardegna, dove il clima non è tossico e tutto è natura, è impagabile. Qui, certe sere, senti solo i cinghiali che si muovono nel buio e ti perdi nelle stelle. Le guardo da questa terrazza, con il cielo che a me sembra più basso che in ogni altra parte del mondo. Forse Dio l'ha fatto così per avvicinarci a lui. E ripenso a mio padre, che mi diceva che il modo migliore per conoscere il passato è guardare le stelle. Io esprimevo un desiderio a ogni stella che cadeva. Ancora non sapevo che quelle stelle non erano tanto disposte a esaudire i miei desideri. Almeno non sempre".

A questa terra sono legati alcuni dei suoi ricordi d'infanzia, in mezzo a personaggi dello spettacolo e di spessore.

"Paolo Villaggio metteva a punto i personaggi di Fracchia e Fantozzi, Walter Chiari giocava tanto con me, perché adorava i bambini ed era un uomo molto buono. Spesso ci invitavano a Saint-Tropez, dove ho incontrato Mick Jagger e sua moglie Bianca, Barbara Bach, Ursula Andress, Brigitte Bardot, che era di una bellezza assoluta. Stava con il playboy Gigi Rizzi, molto amico di papà. Una volta lei gli disse che avrebbe tanto desiderato un vestito che aveva visto su una rivista. Glielo fece vedere e Gigi Rizzi girò tutti i negozi di Saint-Tropez fino a quando lo trovò. Ricordo la faccia di Brigitte Bardot quando aprì il pacco. Era quello di una bambina davanti all'albero di Natale, non della donna più desiderata del mondo".

Una passione accomuna da sempre i due: la musica. La missione di Cristiano è ora quella di raccogliere il testimone e di portarlo in giro per il mondo. E ci sono canzoni a cui è profondamente legato, anche per il ricordo che c'è dietro.

"Sono anche molto legato a Canzone del padre. Quando la canto, immagino di cantarla a mio padre, o che sia lui a cantarla a me. Ma, certo, Verranno a chiederti del nostro amore mi colpisce ogni volta come un machete. E mi riporta indietro a quella notte. Dormivo con mia madre, perché mio padre doveva lavorare. Alle cinque del mattino, lui viene a svegliarla. "Ho scritto una canzone per te". Mia madre lo segue in salotto e mio padre le canta alla chitarra Verranno a chiederti del nostro amore. Io, che spiavo da dietro la porta, vedo mio padre emozionarsi e mia madre piangere. Non dimenticherò mai quel momento. E quei versi, "continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?", sono i più belli che mio padre abbia mai scritto. Soprattutto, i più adatti a descrivere la mia vita. Ho smesso da un po' di farmi scegliere".

Chi è stato, per lei, l'artista Fabrizio De André? A questa domanda, Cristiano risponde:

"Mio padre aveva il dono sublime di scrivere canzoni legate al loro tempo, ma anche atemporali. Raccontavano la cronaca e il presente, ma si proiettavano nel futuro. Nessun brano che ha scritto può considerarsi datato. Gli arrangiamenti sono vecchi, ma le canzoni no. Mio padre era un futurista. Sognava il domani, lo vedeva. E a volte nemmeno se ne accorgeva. Così come, a volte, non si accorgeva di me".

I commenti dei lettori
Suggerisci una correzione