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Politica

Di necessità condono

Agenti di polizia presidiano l'immobile costruito abusivamente durante le fasi della demolizione, Forio d'Ischia
Agenti di polizia presidiano l'immobile costruito abusivamente durante le fasi della demolizione, Forio d'Ischia 

Sull'architrave del Palazzo della Civiltà Italiana, talora chiamato anche della Civiltà del Lavoro, laggiù nel quartiere romano dell'Eur, Colosseo Quadrato, accanto all'iscrizione "Un popolo di artisti di eroi di santi di pensatori di navigatori...", guardando bene, c'è un discreto margine di spazio per aggiungere, meglio, per dare soddisfazione e onori perfino ai Condonati, o doverosamente aspiranti tali. Pier Paolo Pasolini, immaginando un "processo" alla classe dirigente postbellica, ergo segnatamente al partito della Democrazia cristiana, gran maestra di condoni, riteneva quest'ultima responsabile di numerosi crimini politici e morali, compreso la "distruzione paesaggistica e urbanistica dell'Italia", e, a ulteriore non discolpa, aggiungeva la "responsabilità della condizione, come si usa dire, paurosa delle scuole, degli ospedali di ogni vera opera pubblica primaria".

Accanto all'opera pubblica primaria, perdonate la prosaicità, in questa riflessione a volo d'uccello o, visti i progressi dell'aeronautica portatile, piuttosto di drone, bisognerà immaginare anche il non meno apprezzato "villino" o "villetta", il "piccolo chalet, gaio come te...", come recitava un motivo dell'anno delle leggi razziali: "... con tutto il tuo tepor, con tutto il suo confort avremo l'illusion di un grand hotel", bisognerà includere doverosamente, talvolta, il cosiddetto "abusivismo di necessità", come ha pronunciato, in tempi recenti, cioè non più di slow ballabile semmai di trap, ora Berlusconi ora perfino il "governo del cambiamento". Un villino dove sarà altrettanto necessaria una stanza, magari al piano interrato, che prenda nome di "tavernetta", le pareti possibilmente rivestite di sughero, proprio come già la stanza di Marcel Proust al 102 di Boulevard Haussmann. Sia detto per sdrammatizzare, posto che chi ha cuore il condono non ha mai percezione dei morti provocati dal dissesto idrogeologico, invisibili ai suoi occhi.

Ora lascia perdere quali governi, nel corso del tempo, hanno assecondato questa intoccabile aspirazione nazionale, e con essa l'attesa spasmodica del colpo di spugna, la certezza che, fin dal momento del primo plinto, fissato laddove non sarebbe possibile per legge e ancor prima per decenza estetica, perfino alla faccia della quasi certezza che prima o poi, magari al primo nubifragio o esondazione o valanga, tutto potrebbe essere spazzato via, la sicurezza semmai, mi ripeto, che arriverà comunque il condono, e giungerà doverosamente, ora e sempre in nome del bene superiore della Famiglia. D'altronde, un semi-popolo condannato da se stesso e dal proprio orgoglio tribale a un meno fastoso abusivismo, non può che reputare poliziescamente, anzi, sbirrescamente fastidiosi, se non moralmente irritanti, i vincoli, cito: i vincoli di carattere urbanistico ed edilizio quali per esempio il distacco minimo dai confini e l'altezza massima dei fabbricati, il riconoscimento dei Beni Culturali, la densità fondiaria, la densità territoriale, l'indice volumetrico abitativo, gli allineamenti e arretramenti stradali, la dotazione di spazi per il parcheggio privato e verde privato...

Pensate, facendo un passo indietro nella storia delle opzioni politiche "virtuose" degli ultimi decenni, come nel senso comune, in massima parte, era percepito il partito dei Verdi: autentici nemici del piacere non meno comune, non c'era assessore all'Urbanistica, magari dotato di disinvoltura etica e cinto erniario, perfino del più minuscolo campanile, che non dicesse: "... però che cazzo, 'sti Verdi!"

Non sarà un caso se una profonda coscienza ambientalista nel Paese non sia mai davvero germogliata, affermata, neppure a fronte delle tragedie, dei pennini impazziti dei sismografi; addirittura coloro che provano a piantarne il seme sono osservati di sbieco, infami "tricoteuse" borghesi che nutrirebbero disprezzo per basse ragioni di censo e di "laurea" chi dovesse/volesse raggiungere il sogno di una vita, il "Tetto" del film di De Sica, dove tuttavia figuravano ben altri bisogni primari, da vera umile Italia, costruirsi una abitazione, poco importa dove, aldilà di ogni insulso vincolo, assodato che il geometra ha già pronta la planimetria: d'altronde, se un Frank Lloyd Wright ha addirittura edificato una "Casa su una cascata", laggiù in Pennsylvania, perché mai, per quale cazzo di ragione non dovremmo fare noi lo stesso noi in prossimità del greto di un fiume o di una montagna, dai, che siamo noi, forse meno di quello, dell'americano? Si chiama realpolitik la tolleranza ricevuta da questi volenterosi, si chiama realismo, si chiama, una volta che la costruzione sotto il torrente è in piedi, "... chi glielo dice ora a questi che la loro casa va demolita, eh?"

Il semplice dato che perfino il Movimento 5 Stelle, già pronto ad avanzare con trombe e ottavini, le tavole delle leggi della legalità in vista come tabernacolo, abbia adesso innalzato una sesta stella ridente nel cielo di Ischia, proprio lo "Smile" del condono, lì pronto a rassicurare gli abitanti dell'isola, mostra forse l'insormontabilità ontologica del nodo abusivismo? Sul tricolore italiano, sotto quel "Tengo famiglia" paternalisticamente auspicato da Longanesi in luogo dello stemma sabaudo, occorrerà dunque includere le date - 1985, 1993, 2003 - i momenti aurei del bramato condono infine giunto a rassicurare circa la certezza stessa che questo sarebbe giunto; sventurati coloro che, naso al cielo, perfino nei centri storici, avvertono come ferite e crimini etici, le superfetazioni in cima ai palazzi - piano ulteriore o veranda, poco importa - talvolta addirittura lì a impallare le meraviglie monumentali, incapaci di comprendere che nella percezione di un Paese, che ha nella piccola borghesia votata all'illegalità il suo modello culturale massimo, lapislazzuli e eternit non fa differenza, nelle loro pupille ritenuti preziosi entrambi. Forse, per chi si accosta ai nuovi governanti, supplicando un selfie, tra le promesse mute che aspetta siano esaudite, "sicurezza" si accompagna a "condono", ossimoro assoluto, da sputare in faccia alla "casta" e alle sue ville, ovvio.

Nelle reticenze, nel non detto, nello scarica barile, nel riferimento ossessivo alla Famiglia, anzi, implicitamente, alla "cutra" - la coperta invernale trapuntata, feticcio simbolico di tutte le possibili Casteldaccia dei Sud del mondo a indicare protezione - nelle facce dei sindaci che perfino a caldo dopo le tragedie causate dai nubifragi trovano bizantinismi per parare il proprio culo e magari perfino quello dei propri predecessori compari di corrente, risiede l'autobiografia di una nazione, che mai fu tale, al contrario credette al villino abusivo come bene rifugio sacro e inviolabile; presumibilmente, chi dovesse ingaggiare una battaglia immaginando il paesaggio infine, se non liberato, almeno medicato dal crimine dell'edilizia selvaggia è destinato al disprezzo eterno che si riserva ai meschini, un vero attentatore ai bisogni del "popolo", nella sua declinazione ultima, cioè il (cosiddetto) governo dello stesso.

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