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Politica

Un altro schiaffo di Salvini agli M5s. La proposta di un referendum sulla Tav stritola Di Maio

ALBERTO PIZZOLI via Getty Images
ALBERTO PIZZOLI via Getty Images 

Un altro schiaffo, colpendo questa volta nel punto più debole. Cioè quello della democrazia diretta. Matteo Salvini prima incontra gli imprenditori, quasi a instaurare con loro un rapporto esclusivo, poi dice il suo sì alla Tav fino ad annunciare la possibilità di un referendum. La mossa salviniana lascia spiazzati gli M5s, che non solo nei mesi scorsi avevano già valutato l'ipotesi di una consultazione, ma l'avevano anche accantonata perché il rischio di perdere risulta essere troppo alto. L'idea del leader della Lega viene vissuta come una trappola, alla quale però bisogna fare buon viso a cattivo gioco. Quindi a distanza di qualche ora ecco Luigi Di Maio: "Non lo decide un ministro. Se un numero qualificato di cittadini chiede il referendum, chi siamo noi per opporci? L'unica cosa che non si può fare è un referendum consultivo nazionale perché servirebbe una legge e i tempi sarebbero molto più lunghi".

La democrazia diretta è nel dna dei 5Stelle, tanto da aver trasformato il ministero dei Rapporti con il Parlamento in ministero dei Rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta. Impossibile dunque per i vertici grillini tirarsi indietro a maggior ragione se tutto il mondo imprenditoriale a favore dell'Alta velocità Torino-Lione si sta rivoltando contro gli M5s andando a gonfiare l'elettorato leghista.

Eppure gli accordi con l'alleato di governo erano altri e riguardavano l'analisi dei costi e benefici ancora in corso. Quell'analisi affidata a Marco Ponti, esponente storico dei No-Tav, e su cui il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli punta per bloccare l'opera come ha più volte lasciato intendere. Ora il titolare del dicastero di riferimento resta in silenzio. Altri balbettano e non vogliono uscire allo scoperto limitandosi a sottolineare che il referendum sulla Tav "non è nel contratto di governo" e casomai vanno decise le modalità: "Nazionale o regionale? Dovrebbe essere nazionale ma i tempi non ci sono".

Il vicepremier grillino resta invece stritolato. A domanda precisa, ospite di Quarta Repubblica, qualcosa la deve pur dire e sceglie di assecondare il referendum. Nella speranza forse che non ci siano i tempi necessari e che un referendum regionale venga considerato incostituzionale. Finisce comunque tra due fuochi e in grande difficoltà. Da un lato ha l'alleato di governo che fino a questo momento aveva tenuto toni bassi sulla Tav lasciando che i 5Stelle digerissero il trauma sul gasdotto Trans-adriatico e dall'altro ha gli eletti M5s a Torino e nella regione Piemonte per i quali l'opera va fermata a prescindere. "Ci stupiscono le proposte dei leghisti su un possibile referendum sulla questione Tav", dice la capogruppo Valentina Sganga sottolineando che "evidentemente il ministro Salvini, che non si capisce neanche più che ruolo abbia, se di ministro degli Interni o dei Trasporti, ha già appurato che i risultati dell'analisi costi-benefici danno ragione alle migliaia di persone scese in piazza sabato scorso e cerca un escamotage, come la proposta di un referendum con 20 anni di ritardo".

Nel giorno in cui dai sindaci piemontesi arriva un sì chiaro alla grande opera, i 5Stelle raggiungono il momento di massima difficoltà. Anche Beppe Grillo tempo fa aveva parlato di una consultazione popolare come in Svizzera per il San Gottardo" ma i grillini avevano sempre glissato. Ora si sentono fortemente a rischio.

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