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Economia

Bollettino Bankitalia, dopo la festa ecco la doccia fredda

Mondadori Portfolio via Getty Images
Mondadori Portfolio via Getty Images 

È un po' come quando la festa finisce. Le luci si spengono, l'euforia scema, l'attenzione sale: si torna alla realtà. Dopo nemmeno 24 ore a palazzo Chigi è già ora di archiviare il palcoscenico allestito per celebrare il decreto sul reddito di cittadinanza e quota 100. I sorrisi, le slide della vittoria e la foto di gruppo tra Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, lasciano spazio a un clima che fonti di governo definiscono di "attenzione". Perché la doccia fredda del bollettino pubblicato dalla Banca d'Italia - con un Pil tagliato da +1% a +0,6% - complica i piani. La strategia dell'esecutivo, per il momento, non subisce scossoni, ma lo scenario che si apre ingloba un rischio. L'impatto di una crescita tutt'altro che esaltante sui conti pubblici e sull'economia reale chiama il tema della manovra correttiva. Non subito, non prima delle elezioni europee, ma è una prospettiva che va presa in considerazione. Anche perché tra febbraio e aprile arriveranno i giudizi delle agenzie di rating.

A palazzo Chigi, assicurano le stesse fonti, si va avanti con la tabella di marcia stabilita e suggellata con l'avvio delle due misure bandiera della manovra. Un intervento di correzione sui conti non viene preso assolutamente in considerazione, come già sottolineato ieri dal presidente del Consiglio. Si fa riferimento alle relazione tecnica che accompagna il decreto, dove l'impatto del reddito di cittadinanza sul Pil è stimato in +0,1% per il 2019. Si richiamano gli effetti positivi che possono scaturire dalla quota 100 e dagli investimenti. Claudio Borghi, uno degli uomini economici della Lega, lo dice chiaramente: "I rischi di recessione evidenziati da Bankitalia nella nota di oggi si riferiscono al 2018 e al periodo pre-manovra e confermano la necessità di una manovra espansiva". Ritorna la narrazione della manovra espansiva, sostenuta dal governo gialloverde fin dalla genesi del provvedimento, che però ha già registrato un ridimensionamento - con il Pil per il 2019 passato da +1,5% a +1% - per raggiungere l'accordo con Bruxelles ed evitare la procedura d'infrazione. Una narrazione che ora deve tenere conto di una stima del Prodotto interno lordo decisamente ancora più bassa.

I dati pubblicati oggi da Bankitalia - che registrano anche la recessione tecnica a causa di due trimestri consecutivi negativi - complicano il quadro. Francesco Daveri, docente alla Bocconi, quantifica con Huffpost l'effetto di questa stima sui conti: "A bocce ferme scendere dall'1% a uno 0,6% porta a un peggioramento del deficit pari a uno 0,2% in più". Riportato nel quadro concordato con l'Europa, il deficit passerebbe così dal 2,04% (anch'esso frutto di una negoziazione dato che inizialmente il governo era partito dal 2,4%) al 2,2 per cento. Tradotto in azioni e soldi significa una correzione da circa 3,5 miliardi. Lo stesso Daveri, tuttavia, non vede come imminente l'arrivo di una manovra correttiva, almeno all'inizio di quest'anno. Non è ancora chiaro - è il ragionamento dell'economista - se questo rallentamento, riferito agli ultimi due trimestri deI 2018, andrà avanti anche nel 2019. In questo caso il governo potrebbe evitare la manovra correttiva o quantomeno scavallare maggio, cioè il mese delle elezioni europee, data-chiave per la Lega e i 5 Stelle.

Il percorso, però, è accidentato. Il 22 febbraio Fitch aprirà le danze dei giudizi delle agenzie di rating sul debito sovrano. Il 15 marzo toccherà a Moody's e poi, il 26 aprile, a Standard & Poor's. Giudizi che potrebbero essere severi, innestando nuove turbolenze sui mercati. E sono proprio i mercati a dover essere attenzionati perché se lo spread dovesse risalire a livelli preoccupanti, allora l'intervento sui conti si farebbe più vicino.

Nelle stanze del governo, però, oggi si punta a reggere il colpo e sperare che la bufera di fine 2018, con il differenziale tra i Btp e i Bund oltre i 300 punti, non ritorni. Perché il rischio è anche lì e lo stesso Daveri lo sottolinea, spiegando che è "improbabile che sia l'Europa a chiederci una manovra correttiva, semmai ce lo chiederanno i mercati se riterranno che la recessione sarà duratura".

Non c'è però da guardare solamente all'impatto sui conti. Il dato del Pil va declinato anche sul piano dell'economia reale. Perché i consumi sono in calo e la produzione industriale è in picchiata. Come spiegato dallo stesso Daveri in un'intervista a Huffpost, nei prossimi mesi gli italiani potranno ritrovarsi con le tasche più vuote e a soffrire potranno essere anche le imprese e le banche.

Di fronte a questo scenario il governo, come si diceva, spera nell'effetto pro crescita di reddito e quota 100. Ma potrebbe innestarsi un cortocircuito perché se la crisi si farà più aggressiva le richieste per il reddito di cittadinanza e l'uscita anticipata dal mondo del lavoro potrebbero aumentare. A sua volta, vista la presenza delle clausole per contenere la spesa, non ci sarebbero soldi per tutti. Uno scenario catastrofico: per il Movimento 5 Stelle e il Carroccio significherebbe ridimensionare le due misure chiave della manovra. A palazzo Chigi, per il momento, si pensa ad altro, come ad esempio a ricucire con i sindacati, tornati sul piede di guerra. Conte li ha chiamati intorno a un tavolo per provare a ricomporre la frattura ed evitare la piazza della contestazione. La leader della Cgil, Susanna Camusso, non le ha mandate però a dire: così si finisce a pane e acqua. L'incontro non basta, "troppo tardi" per Cgil, Cisl e Uil, che confermano la manifestazione contro il governo per il 9 febbraio. I festeggiamenti di ieri a Palazzo Chigi sono già sbiaditi.

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