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Politica

Dietro il baciamano

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Accolto tra gli applausi a Farindola, come accadeva a Berlusconi all'Aquila, perché le campagne elettorali sul dolore vanno valutate sul lungo periodo, a telecamere spente. Lì Salvini promette soldi ai parenti delle vittime di Rigopiano, in un'ennesima piroetta, tanto chi se ne accorge: soldi dati per stanziati, poi affidati a un emendamento, ora, ma che non si capisce "come" e "quando" saranno dati, certo dopo il 10 febbraio, quando in Abruzzo le urne saranno chiuse.

E accolto tra gli applausi anche ad Afragola. Gente che come una volta si inchina al potente per baciargli la mano, si sottomette e si indigna, non con chi mette le bombe, ma con Roberto Saviano, "non vogliamo più pagargli la scorta", come ripete il Capitano, che sarebbe il titolare della sicurezza nazionale. Come se fosse un privilegio la scorta e non una dura necessità per chi rischia la vita. Ad Afragola Salvini arriva in ritardo di giorni a promettere più sicurezza e forze dell'ordine, con quel solito giubbotto addosso che fa "slittare" l'uniforme di Stato a simbolo di parte, come se chi non è con lui fosse contro la Polizia. E chissà perché quando si parla di crimine organizzato il ministro più ubiquo e tempestivo del mondo arriva sempre qualche giorno dopo, posticipando la visita in Campania ai comizi ad Oristano – oltre all'Abruzzo, si vota anche in Sardegna - o al facile spot su Battisti, per cui l'agenda è stata ribaltata all'istante, come quando ti invitano in prima serata col picco di share. Perché funziona così questa propaganda nell'era del populismo, che prevede anche una diretta facebook sulle banche, nel tragitto che lo porta da Roma alla processione di Farindola, raggiunto da Di Maio che, addirittura, coglie l'occasione per trasformarla in passerella, con tanto di scatti con la sua candidata in Abruzzo. Funziona così, in quest'era di innegabile consenso al governo – ieri il "nuovo Welfare", "perché noi le promesse le manteniamo", anche se con la metà dei soldi, oggi l'empatia col dolore "perché non vi lasciamo soli come quelli di prima" - in cui l'applauso nasconde ciò che c'è dietro, perché più forte è il rifiuto di ciò che c'era prima, come accade nei radicali cambi d'epoca, quando la fiducia diventa quasi una delega in bianco.

Dietro, dicevamo, in Abruzzo, in Campania, in chissà quale altra tappa per intestarsi chissà quale altro evento, come è accaduto con le case abusive abbattute grazie a un'inchiesta partita anni fa: dietro, la realtà di un emendamento spericolato, che rischia di incagliarsi nell'incrocio pericoloso di gioco sui sentimenti e norme, emozioni e giurisprudenza. Soldi che chissà se arriveranno mai. Perché purtroppo lo Stato non può risarcire sempre e comunque e subito, ma solo quando sono state acclarate sue responsabilità e colpe. E sulla vicenda dell'Hotel Rigopiano è ancora in corso un processo per acclarare le responsabilità. E qualora, si decidesse di risarcire sempre e comunque, il che potrebbe anche essere eticamente legittimo, sarebbe la più clamorosa innovazione politica e giurisprudenziale in materia, perché a quel punto andrebbero risarciti sempre e comunque tutti i parenti delle vittime di ogni tragedia, a prescindere. A partire da quelli dell'Aquila che, per uno scherzo del destino cinico e baro, sono stati citati in causa, per riavere la somma di denaro data alle famiglie dopo la condanna in primo grado dei membri della commissione grandi rischi, sentenza poi ribaltata in appello. Ecco che invece, in questo pericoloso gioco d'azzardo sul dolore, nella giornata odierna lo Stato sovranista con una mano chiede soldi e a dall'altro promette di darli, a 150 chilometri di distanza, mettendo nel conto, nell'ansia di incassare l'ennesimo dividendo politico, i costi di un cortocircuito del dolore.

Ma evidentemente nello schema del "populismo" l'atto situazionista prescinde – finché dura - dalla praticabilità del risultato, in un gorgo comunicativo che fa precipitare tutto nel tempo di un tweet. Annunci e ipocrisia delle parole di un ministro che a Afragola incassa gli applausi del difensore della legalità, nascondendo, nel fragore della scena, le responsabilità di una politica ambigua che lo investono come leader politico. Come ha ricordato Roberto Saviano, Afragola è un caso di scuola di una politica opaca che ha sempre interloquito con la criminalità organizzata. Lì il ministro campione della legalità si è affidato alle peggiori clientele del territorio. Un territorio, racconta Saviano, "completamente affidato alle organizzazioni criminali, ai meccanismi di riciclaggio, ai sistemi di controllo militare dove la disoccupazione è un'arma di conquista politica, e dove le mafie neanche stanno investendo più perché saccheggiano il territorio e portano via risorse". Sottosegretaria leghista di Afragola è Pina Castiello, cresciuta grazie a un solido rapporto con Nicola Cosentino e Vincenzo Nespoli, la cui storia è nota: la lunga indagine della Procura di Napoli che parlava di voto di scambio, di concorso in bancarotta fraudolenta e concorso in riciclaggio e il Senato che, a scrutinio segreto, negò l'arresto. Grazie a un patto tra Nespoli e i ras locali di Forza Italia il centrodestra ha conquistato, qualche mese fa, il comune di Afragola. Non proprio la cronaca di una crociata legalitaria.

Legalità, sicurezza ad Afragola, assicura Salvini perché "la situazione è grave". E in fondo è sempre stato così, da che mondo è mondo. Come ha ricordato Saviano, "anche Antonio Gava faceva questo: proclamava che Cutolo lo teneva in galera e la Nuova camorra organizzata era felicissima di queste dichiarazioni perché tanto, operativamente, si agiva in tutt'altro contesto: continuava a investire, a fare affari con le banche e qualche arresto era messo in conto. Da sempre la politica che gioca a fare l'antimafia placa i giornalisti e allontana l'occhio indiscreto dell'opinione pubblica". Anche a Gava, don Antò, baciavano le mani.

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