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Politica

De Vito, Zingaretti smorza subito i toni: il nuovo rapporto con gli elettori M5S parte anche da qui

Alessandra Benedetti - Corbis via Getty Images
Alessandra Benedetti - Corbis via Getty Images 

La linea è stata dettata di prima mattina dal neo responsabile della comunicazione del Pd (e fedelissimo del segretario), Marco Miccoli: "Non abbiamo nulla da dichiarare sulla vicenda giudiziaria che riguarda il presidente del Consiglio comunale di Roma, Marcello De Vito. Fiducia nella magistratura. Se daremo un giudizio, lo daremo alla fine dell'iter processuale". Quindi il messaggio diretto ai Cinquestelle: "Noi siamo garantisti sempre. Non a seconda delle convenienze e delle persone che vengono indagate". Ma il segnale non è rivolto solo all'esterno.

Zingaretti ha mandato avanti uno dei suoi collaboratori più fidati, per impedire che nel suo partito partisse la consueta girandola di dichiarazioni ad alzo zero, che in passato si è vista ogni qualvolta un esponente grillino finisse impelagato in un guaio giudiziario. Il neo segretario ha voluto segnare anche così il cambio di passo nella comunicazione dem, rivolta a convincere più che a mettere sulla graticola chi in passato ha votato M5S, magari dopo un trascorso a sinistra.

E infatti l'intervento tempestivo di Miccoli ha funzionato. Alcuni renziani (di sponda lottiana, come Marcucci e Anzaldi, o giachettiana, come Ascani e Nobili) si sono contraddistinti per qualche intervento più deciso, ma è stato un fuoco di paglia che si è spento presto. Lo stesso Renzi si è limitato a tenere il punto sul garantismo in ogni caso e non "solo per gli amici".

Nel gruppo dirigente del partito è prevalso il tentativo di mettere nel mirino la cattiva amministrazione della giunta Raggi, di cui le inchieste giudiziarie – e quella sullo Stadio della Roma, nello specifico – rappresentano solo un aspetto. Una sindaca "inadeguata", che appare "prigioniera di un meccanismo che la esclude dagli indirizzi della città" e la costringe a "delegare le proprie funzioni a personaggi inviati nella Capitale per servire interessi diversi da quelli realmente necessari per Roma", come si legge nella nota trasmessa al termine della riunione del gruppo dem in Campidoglio, con i segretari regionale, Astorre, e cittadino, Casu.

Certo, come fanno notare ambienti dem, "questa di De Vito è una cosa seria, altro che i 'si dice' e i 'pare che' dell'indagine che riguarda Zingaretti (per presunto finanziamento illecito, ndr) e per la quale i grillini hanno sollevato un polverone". Ed è un arresto che segue il coinvolgimento nella stessa inchiesta dell'ex braccio destro della sindaca, Lanzalone. Ma non servirebbe a nulla affondare il colpo oggi. Meglio, piuttosto, far cuocere a fuoco lento la Raggi.

Anche perché tra lei e De Vito non correva certo buon sangue. E i "modi tribali", come li definisce Roberto Giachetti, con i quali Di Maio ha espulso in barba a tutte le regole dello stesso Movimento il presidente dell'Assemblea capitolina, fanno pensare a una tensione altissima tra i Cinquestelle, dalle conseguenze difficilmente prevedibili. Il problema, insomma, è tutto loro e i dem non hanno alcun interesse a fare altro, se non stare alla finestra.

Nel frattempo, però, guardano in casa propria e non vedono molti motivi per essere ottimisti. A meno di un ulteriore allargamento dell'inchiesta, le possibilità che la Raggi si dimetta appaiono minime. "Se anche Di Maio glielo chiedesse – ipotizza Giachetti – troverebbe la resistenza della stessa sindaca e di uno stuolo di consiglieri, che non hanno la minima intenzione di tornarsene a casa". E al Pd va benissimo così. "Andare a votare oggi non conviene a nessuno", è l'opinione condivisa da molti all'interno del partito.

Il Pd romano vive infatti una situazione complicata e per certi aspetti paradossale. Pur esprimendo il segretario, il presidente e il tesoriere del Nazareno, non è in grado di fornire a oggi un candidato a sindaco che possa apparire competitivo. E a guidare il partito nella Capitale c'è un segretario figlio di un'altra stagione, il renziano Andrea Casu, che al congresso si è schierato con Giachetti. All'indomani della vittoria di Zingaretti alle primarie (a Roma con il 77,9%), non sono mancate le voci che – più o meno esplicitamente – hanno messo in dubbio la sua permanenza in quel ruolo, anche se per il momento l'eventuale avvicendamento appare congelato. In queste condizioni, non sarebbe certo l'ideale affrontare una campagna elettorale già difficile in partenza, come quella per il Campidoglio.

L'altro punto di osservazione è quello della Pisana. Qui la maggioranza che sostiene Zingaretti, stavolta nelle vesti di Governatore, ha avviato sin dall'inizio un dialogo con il M5S e, in particolare, con quella Roberta Lombardi, alla quale De Vito è politicamente molto vicino. Il dialogo – riferisce chi è addentro alle vicende della Regione Lazio – non appare però compromesso, anche perché è esteso a quasi tutto il gruppo consiliare grillino, compresa la componente che fa capo a Valentina Corrado, più vicino alla Raggi e contrapposto alla Lombardi. Se anche gli equilibri interni al Movimento dovessero cambiare, quindi, i dem confidano che il confronto avviato su alcuni punti programmatici possa proseguire e il clima politico generale si mantenga comunque buono.

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