Scegli di capire.

Gedi Smile Abbonati
Inserti
Ancora su HuffPost
Guest
Tutte le sezioni

GEDI Digital S.r.l. - Via Ernesto Lugaro 15, 10126 Torino - Partita IVA 06979891006

Esteri

Gaza tra guerra e tregua, il patto non scritto Netanyahu-Hamas

ASSOCIATED PRESS
ASSOCIATED PRESS 

Gli opposti si combattono e, nel farlo, si legittimano a vicenda, trovando una convergenza d'interessi nel farsi guerra e poi negoziare la tregua. Il prezzo di sangue e sofferenza è messo in conto, tanto a pagarlo è la popolazione civile della Striscia o gli israeliani costretti a fare dei rifugi anti-missili la loro seconda casa. L'importante è mantenere il potere. È il patto non scritto che lega, e non da oggi, la destra israeliana e Hamas. Un patto che vive di irrigidimenti, di minacce d'invasione, ad uso e consumo interno.

Un discorso che oggi vale soprattutto per gli israeliani che tra due settimane, il 9 aprile, decideranno con il voto chi li governerà. E l'uomo che in queste elezioni si gioca tutto, anche restare in libertà, è il primo ministro più longevo nella storia d'Israele: Benjamin "Bibi" Netanyahu. Hamas deve sapere che "non esiteremo ad entrare e fare tutti i passi necessari" collegati "ai bisogni di sicurezza di Israele", aveva ribadito il premier dopo essere partito da Washington per rientrare in patria. "Abbiamo dato una risposta molto, molto potente" ad Hamas, ha aggiunto riferito dal suo ufficio. Una risposta che non può durare lo spazio di una notte.

Cos'è questa domanda? Scopri il progetto Europe talks e leggi l'Informativa privacy completa in italiano

Netanyahu sa che i suoi avversari politici, da destra, dal centro e da una parte della sinistra, gli hanno imputato di aver avuto mano leggera con Hamas quando accettò, non molto tempo fa, una tregua a Gaza, mediata dall'Egitto. Allora fu accusato di cedimento ai "terroristi", con le conseguenti dimissioni da ministro della Difesa del super falco Avigdor Lieberman. Dopo il lancio del missile su Tel Aviv, queste accuse sono riesplose, e il premier ha deciso di calzare l'elmetto. Non è ancora il momento di parlare di un cessate-il fuoco. Per ora, nessuna tregua con Hamas. Netanyahu, di ritorno a Tel Aviv dopo aver interrotto il viaggio negli Stati Uniti non ha riconosciuto il cessate- il- fuoco annunciato ieri da Hamas e ha ordinato di continuare i raid dell'aviazione sulla Striscia di Gaza. Secondo fonti palestinesi, la condizione posta dal governo di Tel Aviv per l'accordo è di interrompere qualsiasi attività lungo il confine tra la Striscia e Israele, inclusi i lanci di palloni incendiari e le proteste settimanali della Marcia del ritorno. Durante tutta la notte tra lunedì e martedì sono proseguiti i bombardamenti israeliani: l'esercito israeliano ha detto di avere lanciato 15 attacchi nel nord della Striscia. Il lancio di razzi è andato avanti anche da parte di Hamas, ma solo fino alle 3 di notte. Un razzo ha danneggiato una casa a Sderot, città israeliana vicina al confine con la Striscia, senza però provocare feriti. La maggioranza dei razzi lanciati da Hamas sono caduti senza colpire alcun obiettivo, e diversi altri sono stati intercettati dal noto sistema di difesa missilistico di Israele, Iron Dome.

Minaccia l'invasione, il "generale" Netanyahu. E così conquista le prime pagine dei quotidiani e dei siti israeliani, monopolizza le dirette radiofoniche e televisive: se il Paese è minacciato, a occupare la scena mediatica è il premier-ministro della Difesa, rubandola al suo avversario più temibile: l'ex capo di stato maggiore Benny Gantz, leader del partito centrista "Blue and White" che i sondaggi danno ancora in testa, con il Likud (il partito di Neanyahu) a inseguire. Così come, in campo palestinese, scompare dalla scena l'Autorità nazionale palestinese del sempre più marginale presidente, Mahmoud Abbas. Incapace di governare, Hamas ritrova presa e centralità quando veste i panni del Resistente, che il Nemico sionista non piegherà mai. E per mostrare sicurezza, le autorità di Hamas hanno ordinato di riaprire tutte le scuole nella Striscia e così pure gli uffici pubblici, mentre nelle zone israeliane limitrofe alla Striscia le scuole sono chiuse. Negli ospedali palestinesi è stato allentato lo stato di allerta. Nei bombardamenti di ieri sono stati feriti, secondo fonti mediche, complessivamente 25 palestinesi, quasi tutti in modo non grave. Ma i capi di Hamas sanno bene di doversi guardare le spalle: perché nel variegato arcipelago della "resistenza" palestinese, operano cellule che rispondono ad input e ad ordini che vengono da fuori: da Teheran, ad esempio, o dalla Siria, dove opera l'uomo che ha in mano le redini della lotta armata sciita in Medio Oriente: il generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds, l'élite dei Guardiani della rivoluzione iraniana. I servizi d'intelligence israeliani hanno monitorato l'infiltrazione iraniana tra i gruppi radicali palestinesi, con l'obiettivo di agire per evitare qualsiasi "pacificazione".

Il patto non scritto tra Netanyahu e Hamas nasce anche da questo: il movimento islamista deve essere combattuto ma non sradicato, perché nel vuoto di Gaza potrebbero insediarsi gruppi jihadisti ancor più pericolosi di Hamas. Chi governa Israele sa che se guerra diretta vi sarà, riguarderà lo Stato ebraico e l'Iran, e se dal teatro siriano dovesse espandersi, Tsahal dovrà guardarsi da Hezbollah e non da Hamas: a esplodere, in questo scenario, sarebbe la frontiera Nord d'Israele e non quella Sud. D'altro canto, per l'ala conservatrice del regime di Teheran, quella che ha nella "Pasdaran holding" la sua ossatura militare-affaristica e nella Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, il punto di riferimento assoluto, la questione palestinese è sempre più legata e dipendente dalla partita che si gioca in Siria e che dopo l'uscita unilaterale degli Usa dall'accordo sul nucleare con Teheran, può estendersi al Libano, all'Iraq, alla stessa Giordania. A Khamenei, e ancor di più ai suoi comandanti militari, della nascita di uno Stato palestinese interessa poco o niente. Ciò che conta è avere al proprio fianco le milizie palestinesi, con o contro Hamas. nel momento, non così lontano, di una generale chiamata alle armi contro il "nemico sionista". Una chiamata che la decisione del presidente Usa di riconoscere ufficialmente la sovranità israeliana sul Golan potrebbe accelerare. "Israele non lascerà mai le Alture del Golan", ha ribadito Netanyahu intervenendo in videoconferenza all'assemblea dell'Aipac, la principale associazione della lobby ebraica in America. "Mi auguro che l'appoggio bipartisan americano per Israele continui", ha aggiunto il premier israeliano. Da Beirut, gli ha risposto il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, esortando tutti i Paesi arabi ad abbandonare il processo di pace e a far fronte comune contro il "nemico comune": Israele.

Un messaggio che a Gaza può trasformarsi in un ordine per i miliziani alle dirette dipendenze di Hezbollah e dell'Iran. Una minaccia per Israele, ma anche per Hamas. Una situazione che rischia di deflagrare oltre la Striscia. "I razzi sparati da Gaza nell'area di Tel Aviv, in Israele, sono un'escalation molto seria e una provocazione", ha affermato Nickolay Mladenov, coordinatore speciale dell'Onu per il processo di pace in Medio Oriente, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza dedicata alla crisi di Gaza. "Stiamo attraversando un'escalation molto preoccupante a Gaza, gli ultimi giorni hanno portato sull'orlo della guerra ancora una volta", ha precisato, sottolineando che "un nuovo conflitto avrebbe conseguenze devastanti per la gente di Gaza e ripercussioni regionali». "Un nuovo conflitto a Gaza sarà devastante per il popolo palestinese, avrà conseguenze per gli israeliani, chi vive nel perimetro della Striscia, e ripercussioni regionali", ha ribadito Mladenov al Consiglio di Sicurezza Onu, sottolineando che il continuo lancio di razzi verso Israele "danneggia i nostri sforzi collettivi per sostenere la gente di Gaza". "Dobbiamo chiedere a tutte le parti di esercitare la massima moderazione poiché la situazione a Gaza rimane estremamente tesa". Il punto è contenere questa tensione nei limiti che convengono ai contraenti del patto non scritto: Netanyahu e Hamas.

I commenti dei lettori
Suggerisci una correzione