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Politica

Merkel e Macron invocano l'Ue sulla Cina, ma l'Ue non c'è: niente bando per Huawei

ASSOCIATED PRESS
ASSOCIATED PRESS 

Nel giorno dell'incontro di Xi Jinping a Parigi con Emmanuel Macron, Angela Merkel e Jean Claude Juncker, la Commissione Europea sfodera le sue 'comunicazioni' sul 5G, la nuova rete di telecomunicazioni che promette di rivoluzionarci la vita. La squadra Juncker si riunisce a Strasburgo, come per ogni plenaria, senza il presidente, evidentemente impegnato a Parigi. Ma ciò che viene deciso qui a Strasburgo stride con l'appello lanciato dalla capitale francese. Merkel, Macron e Juncker chiedono un metodo europeo nei confronti del rivale cinese, danno insomma una lezione di bon ton istituzionale all'Italia che sabato scorso ha firmato in solitaria il Memorandum of Understanding con il presidente cinese. Ma il metodo europeo, nei fatti, non c'è: le regole non lo permettono.

L'Ue non sono gli Stati Uniti d'America, come ben si sa. Non c'è un Donald Trump che possa decidere di mettere al bando Huawei, il gigante cinese che ha sviluppato il 5G e per questo viene visto da Washington come minaccia alla sicurezza nazionale, oltre che come rivale industriale. Per questo l'afflato europeo invocato a Parigi si sgonfia qui a Strasburgo, dove la Commissione produce una comunicazione che non può che limitarsi a chiedere agli Stati membri di fare una valutazione nazionale entro giugno sul 5G, concentrandosi "sui fattori tecnici, per esempio la diversificazione dei fornitori, ma anche - specifica il Commissario europeo per la Sicurezza, il britannico Julian King - sul contesto legale e politico che governa la fornitura di servizi da paesi terzi". Tradotto: la Cina e la sua Huawei.

E proprio per la Cina e la sua via della seta che ormai è penetrata in Europa, con la compiacenza di molti Stati europei cui da sabato si è aggiunta l'Italia, la Commissione raccomanda a ogni paese membro di collaborare con i paesi limitrofi in questa disamina dei prossimi mesi sul 5G. Il secondo step si terrà in autunno, quando dovrebbe essere formulata un'altra comunicazione della Commissione sulla base di "ogni valutazione nazionale cucita con le altre". E poi, conclude King, "entro fine anno puntiamo a trasformare queste relazioni in misure europee per mitigare le minacce alla sicurezza e sviluppare degli standard minimi di sicurezza del 5G in tutta l'Unione".

Il processo è lento, come accade sempre in Europa. E tardivo: Huawei ha già intese sul 5G con il Portogallo per esempio. Ma tant'è. "La sicurezza nazionale è competenza degli stati membri non della Commissione", riconosce Andrus Ansip, vice presidente della squadra Juncker.

King e Ansip parlano dopo poche ore dal vertice di Parigi, formato europeo nella solita salsa ristretta franco-tedesca più Cina e un tocco di Palazzo Berlaymont, Juncker appunto. E' la risposta piccata al governo italiano che ha aderito alla 'Belt and road initiative' cinese. Macron accoglie Xi Jinping fresco del viaggio in Italia, insieme a Merkel e Juncker. E tutti lanciano appelli unitari, comunitari, subito rinnegati dai fatti.

Alla fine del vertice infatti Macron chiede alla Cina di diventare partner della Francia in Africa (alla faccia dell'Ue). "Noi non siamo in Africa dei rivali strategici", dice il presidente francese, ma "possiamo essere di più dei partner duraturi sul piano della sicurezza, dell'educazione, delle infrastrutture e dello sviluppo".

Juncker si ritrova addirittura costretto a correggere il messaggio lanciato la scorsa settimana dal Consiglio europeo, quando si è trattato di attaccare Roma per l'accordo unilaterale con Pechino. Bruxelles parlò di Cina come "rivale sistemico", ma naturalmente oggi davanti a Xi Jinping il presidente della Commissione non può che fare marcia indietro a nome di tutta l'Ue. Chiamare la Cina "rivale sistemico è un complimento", dice, a conferma del fatto che l'Europa che attacca l'Italia sulla Cina è la stessa Europa che si ritrova divisa anche su questo tema, con gli Stati membri a farsi la concorrenza per gli investimenti cinesi. E impossibilitati, dalle stesse regole europee, a sfornare una normativa unitaria sul 5G.

"Il multilateralismo comincia sempre dalle buone relazioni bilaterali e quelle tra l'Unione Europea e la Cina hanno svolto un ruolo di primo piano nei colloqui di ieri ed oggi", dice Angela Merkel, al termine dell'incontro a quattro con Xi Jinping. La Cancelliera parla di "concorrenza strategica": "La concorrenza non implica per forza la presenza di uno che vince e uno che perde: con il multilateralismo si vede che è possibile avere risultati win-win", afferma. Merkel ha quindi fatto riferimento al vertice europeo bilaterale Ue-Cina dell'8 e 9 aprile prossimi, e ha preannunciato per il secondo semestre del 2020, quando la Germania eserciterà la presidenza di turno dell'Ue, l'intenzione di organizzare un vertice tra i 27 e Pechino.

E come Juncker, oggi sulla via della Seta la Cancelliera ha solo parole di apprezzamento: "Molto importante", richiede "reciprocità" con l'Unione Europea, "è un'eccellente visualizzazione dell'interdipendenza tra Unione Europea e Cina".

Sì, ma se il rischio è che rimangano parole se poi l'iniziativa è demandata agli Stati membri, come avviene anche nel settore strategico del 5G. E' l'Ue, bellezza. Funziona così (funziona?).

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