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Cronaca

Chef e fieristi fanno sentire la loro rabbia. Petardi e bottiglie dei soliti estremisti rovinano tutto

ALBERTO PIZZOLI via Getty Images
ALBERTO PIZZOLI via Getty Images 

Il lancio di bottiglie e petardi da parte di qualche estremista di destra, con la pronta risposta delle forze dell’ordine, si è preso la scena al posto di chi, tra ristoratori, chef, personal trainer, insegnanti di danza e recitazione, mercanti in fiera, si è trovato a Roma per protestare contro le chiusure imposte dal governo. Peccato per loro che la manifestazione promossa dal movimento “IoApro” non fosse stata autorizzata e la loro meta, piazza Montecitorio davanti alla Camera dei deputati, sia rimasta inaccessibile. Chiusa dai camion e dai cordoni di polizia, carabinieri e guardia di finanza in tenuta antisommossa, memori di quanto accaduto la scorsa settimana. Chiusa è rimasta anche piazza di San Silvestro da cui doveva partire il corteo. Insomma, oltre ai manifestanti, nel centro di Roma si vedono solo giornalisti e forze dell’ordine.

Prima delle 15, per un paio di ore, tutte fila liscio. Il tempo non è dei migliori, la pioggia va e viene, il sole non si vede mai. La piazza, con qualche centinaio di persone, si riempie di accenti e dialetti che vanno dal Piemonte alla Sicilia. Nelle parole e nelle facce delle persone prevale la rabbia. Ma non mancano la rassegnazione e la disperazione. Ci sono Riccardo e Mauro, uno di 26 e l’altro di 28 anni, facce da bravi ragazzi. Sono sardi e sono partiti da Cagliari alle 3 di mattina. Hanno aperto lo scorso giugno un locale a Porto Frailis. Hanno investito i loro risparmi con 12 dipendenti. Ora sono rimasti in tre. “Non vediamo la luce, ormai si lavora a singhiozzo. Siamo a Roma per chiedere un po’ di chiarezza”. A sedere in un angolo c’è Gianni, titolare e cuoco della “Bettola del pescatore” a Castellamare di Stabia. Faccia tirata, mentre ci parla si infila la giacca da chef: “Almeno oggi me la metto - dice -. Qua ci devono dire quando riapriamo, a pranzo e a cena. Noi facciamo tutto, ma non possiamo pagare per tutti”.

Poco più in là c’è un omone che insieme a tre colleghi fa una diretta Facebook. Il suo nome è Massimiliano, è un oste toscano che pare uscito da un libro di Federigo Tozzi o Vasco Pratolini: “Siamo un gruppo di ristoratori maremmani. Siamo partiti stamattina. Così non ce la si fa più. Non apro da sei mesi, con una stima di mancati guadagni intorno al mezzo milione. E i ristori sono poca roba”. Mentre ascolta, sorseggiando una birra, Carlotta scuote la testa. Lei è arrivata da Modena dove da 20 anni gestisce un ristorante: “Ho 90mila euro di tasse arretrate. Perché non le hanno sospese? Quando si potrà riaprire non so come farò”. Vestito col cappello da cuoco compare anche un cioccolatiere di Cuneo che fa sapere di essere in piazza per dare un futuro per il nipote: “Anche lui vuole fare il mio mestiere che è meraviglioso. Quindi bisogna riaprire”.

Molti gli striscioni e le bandiere. C’è un tricolore con scritto “Fieristi su area pubblica dimenticati”. Lo tengono in mano marito e moglie di Riccione, bell’accento romagnolo: “Noi siamo venuti qua in pace, le manganellate non le vogliamo. Ci interessa solo fa sapere che dal 23 febbraio del 2020 non lavoriamo più. Niente sagre, niente fiere. Conosco colleghi che si sono dovuti vendere la fede nuziale perché non ce la fanno più”. Non lontano ci sono alcuni istruttori di palestra e preparatori atletici: “Lo sport è salute - spiega Antonio da Altamura -. Mi viene da piangere. Qualcuno lo dica al ministro Speranza che lo sport aumenta le difese immunitarie”.

Poi c’è chi ce l’ha con gli autogrill che restano aperti e chi canta contro Draghi e contro il governo. Il coro che parte più spesso è “libertà, libertà” e “lavoro, lavoro”. Tra i manifestanti compare anche qualche membro di CasaPound. Poi scatta l’ora X. Intorno alle 15 arriva il leader del movimento “IoApro”, Momi El Hawi, con le manette ai polsi. “Siamo tutti arrivati a Roma, hanno fatto di tutto per bloccarci”, scandisce al megafono. “Non ci fermeremo finché tutte le attività saranno aperte - aggiunge - non diamogli nessuna possibilità di dire che siamo violenti. Non siamo persone violente”. Purtroppo la sua richiesta non viene esaudita. Una frangia estremista lancia un paio di bottiglie, poi qualche petardo e qualche fumogeno all’indirizzo dei cordoni di polizia. Che avanzano restringendo la piazza. Pian piano, complice anche la pioggia che si fa più battente, la folla inizia a scemare. Ma un gruppo di circa sessanta manifestanti si dirige verso Piazza del popolo. Una volta arrivati decidono di bloccare il traffico vicino a Piazzale Flaminio. I manifestanti cantano “libertà, libertà”, la risposta sono i clacson delle auto di chi sta tornando a casa dal lavoro. L’occupazione non dura molto. Arriva di nuovo la polizia e la folla si disperde. La giornata ormai è finita.

IoApro, tensione con la poliziaDimostranti lanciano bombe carta

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