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Esteri

Doppio colpo a Hong Kong. Passa legge "cinese" sulla sicurezza, Usa revocano statuto speciale

ANSA foto
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L’Assemblea nazionale del popolo, il ramo legislativo del Parlamento cinese, ha dato il via libera all’adozione della legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong.
L’assemblea ha approvato la proposta con 2.878 a favore, uno contrario e sei astenuti, con l’effetto di imporre all’ex colonia britannica la controversa legge che punirà secessione, sovversione del potere statale, terrorismo e atti che mettano a rischio la sicurezza nazionale.

In vista del voto, dopo l’annuncio del provvedimento della scorsa settimana, Hong Kong ha visto risalire le proteste che, tra domenica e mercoledì, hanno portato all’arresto di oltre 600 persone. Gli Stati Uniti hanno criticato la mossa che avrebbe minacciato gli accordi di autonomia e tutela delle libertà della città in base agli accordi che portarono al passaggio di Hong Kong nel 1997 dalla sovranità britannica a quella cinese. 

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“Un’azione importante” commenta il presidente dell’Assemblea nazionale del popolo, Li Zhanshu, spiegando che è “in linea con gli interessi fondamentali delle persone in Cina e a Hong Kong”. La nuova legge permetterà di proseguire stabilmente con il modello “un Paese, due sistemi” - che dovrebbe disciplinare i rapporti tra Pechino e Hong Kong.

Come reazione, gli Stati Uniti hanno revocato lo statuto speciale di Hong Kong in base alla legge americana. La decisione, presa mentre Washington accusa Pechino di calpestare l’autonomia di Hong Kong, comporterà che l’hub finanziario non godrà più di privilegi finanziari, né di tariffe più basse rispetto alla Cina. “Nessuna persona ragionevole può affermare oggi che Hong Kong mantiene un alto grado di autonomia rispetto alla Cina, considerato quello che succede sul campo”, ha detto il Segretario di Stato Mike Pompeo.

La revoca dello status speciale viene definito da Pechino un atto “barbarico, irragionevole e svergognato”, a cui la Cina si oppone fermamente. Il portavoce dell’ufficio del Ministero degli Esteri di Pechino a Hong Kong ha chiesto agli Stati Uniti di “interrompere immediatamente” le interferenze nella questione di Hong Kong e nelle questioni interne della Cina. 

Cina e Usa stanno avendo “nuovi problemi e difficoltà” nelle relazioni bilaterali in molti campi e la Cina continua a respingere la “mentalità da Guerra Fredda” ha detto il premier Li Keqiang, nella conferenza stampa a chiusura del Congresso nazionale del popolo. Ha definito “inevitabili” i punti di frizione tra i due Paesi in base alle differenze dei rispettivi sistemi sociali e culturali. Cina e Usa, tuttavia, “guadagnano dalla cooperazione e perdono con lo scontro”, e la cooperazione bilaterale tra Pechino e Washington ”è nell’interesse dei due popoli e del mondo”.

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Joshua Wong, leader fra gli attivisti pro-democrazia di Hong Kong, ha dichiarato in conferenza stampa che “ora è il momento che il presidente Trump eserciti il suo potere in linea con le indicazioni del segretario di Stato Pompeo”. Da Wong è arrivato un appello alla comunità internazionale, perché esprima la sua contrarietà alla controversa legge sulla sicurezza nazionale che Pechino si appresta ad adottare. E ai leader europei, asiatici e americani perché condividano la linea di Pompeo. “Chiediamo alla comunità internazionale di agire e di tenere gli occhi puntati su Hong Kong. Ora è il momento di agire e combattere”, ha aggiunto. 

Washington aveva chiesto di convocare una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla situazione a Hong Kong, ma per Pechino questa richiesta è “senza fondamento”. Per l’ambasciatore di Pechino all’Onu, Zhang Un “la legislazione sulla sicurezza nazionale per Hong Kong riguarda unicamente gli affari interni della Cina” e quindi “non ha niente a che vedere con il mandato del Consiglio di Sicurezza”.

Altra reazione americana alla Cina è l’approvazione da parte del Congresso degli Stati Uniti di una misura che spiana la strada a sanzioni contro funzionari cinesi per l’internamento degli uiguri e di altre minoranze. Il provvedimento, denominato Uighur Human Rights Act, ha già sollevato l’ira di Pechino. Manca ora la firma del presidente Donald Trump. 

Un’altra scelta che vuole fare l’amministrazione Trump è quella di cancellare i visti di migliaia di studenti universitari e ricercatori cinesi negli Usa che hanno legami diretti con università affiliate all’esercito di liberazione popolare. Lo scrive il New York Times, citando dirigenti americani a conoscenza del dossier. Il piano sarebbe il primo del genere a vietare l’accesso di una categoria di studenti cinesi, che nel complesso sono la maggior popolazione studentesca straniera negli Stati Uniti. È probabile che la mossa, pensata e discussa prima delle tensioni con Pechino per la stretta su Hong Kong, sia impugnata dalle università, non solo per il valore degli scambi educativi internazionali ma anche per le rette pagate dagli studenti stranieri, indispensabili per coprire i costi degli atenei.

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