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Politica

Draghi fa spallucce, Salvini resta solo

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A Palazzo Chigi lo avvertono come un chiacchiericcio. Sono così tante le cose da fare - racconta chi ha in mano i dossier caldi - che non si ha tempo da perdere e soprattutto per badare a polemiche che non farebbero altro che far perdere i soldi del Recovery. Insomma, alle minacce di Matteo Salvini, il governo reagirà portando a termine le riforme necessarie e il piano vaccinale, forte del fatto che i numeri in Parlamento ci sarebbero anche senza i leghisti.

Con una doppia intervista a due quotidiani il leader della Lega prima avverte Mario Draghi sulla mission ‘limitata’ del suo governo, escludendo che si possa procedere con le riforme, e poi candida l’attuale premier alla Presidenza della Repubblica. Una doppia mossa che fa reagire con rabbia il resto della maggioranza. Enrico Letta è il più netto di tutti: “Se quella è l’intenzione con la quale Salvini è al governo, per quanto ci riguarda credo che le strade debbano divergere al più presto. Salvini dice che non si fanno le riforme. Allora tiri le conseguenze ed esca dal governo”, dice il segretario dem. A testimonianza del fatto che l’uscita della Lega della maggioranza, al centrosinistra non dispiacerebbe. Si realizzerebbe invece l’idea della maggioranza Ursula, fallita quando è nato il governo guidato da Mario Draghi. Ovvero un esecutivo con dentro tutto il centrosinistra e Forza Italia, che non a caso ha preso le distanze dal collega di centrodestra.

Ma in tanti leggono nelle parole di Salvini nient’altro che la paura dei sondaggi, che vedono crescere Giorgia Meloni a scapito della Lega. Ed è in questo senso che il leader leghista prova a recuperare terreno, bombardando il governo ma alla fine con scarsi risultati, non solo perché Forza Italia non abbocca ma anche perché  - è la consapevolezza di tanti leghisti - Salvini non affonderà il colpo nonostante le distanze nella maggioranza riguardo le riforme ci siano e sono evidenti.

Il capogruppo alla Camera di Forza Italia Roberto Occhiuto chiarisce però che “i fondi europei del Pnrr saranno il carburante, ma senza vere riforme il motore del Paese rischia di rimanere arrugginito. E per realizzare tutto questo servono l’autorevolezza di Draghi e del suo governo, e la compartecipazione convinta di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, anche di quelle di opposizione”. Un messaggio chiaro che prende le distanze dagli intenti incendiari di Salvini.

Draghi certamente non retrocede, anzi. C’è un cronoprogramma e va rispettato. Chi voterà contro - è il ragionamento - si prenderà le sue responsabilità. Al decreto Sostegni bis, già la prossima settimana, si potrebbe affiancare il decreto Semplificazione nelle mani del ministro Renato Brunetta, sempre in contatto con Palazzo Chigi perché è questa l’architrave della prima fase di riforme con cui l’Italia punta a incassare la prima tranche di aiuti europei entro luglio. Non solo. Entro fine giugno arriverà anche il decreto sulla concorrenza. Inoltre il premier avrebbe intenzione di accelerare anche sul decreto sulla governance del Recovery. Ed è qui che le scintille nella maggioranza potrebbero rallentare notevolmente il timing del capo del governo. Poi c’è la riforma della Giustizia a cui sta lavorando la ministra Cartabia e che va approvata in prima lettura entro giugno.

Draghi, per il momento, si tiene ben lontano dalle polemiche. Alla cabina di regia sulle riaperture di lunedì proverà a frenare le richieste di Lega e anche di Forza Italia. Accelererà invece sui primi decreti e sui nuovi sostegni, che saranno tarati anche rispetto alle decisioni di lunedì sulle aperture. Ma su giustizia e fisco la maggioranza resta lontanissima da un’intesa. La riforma del processo penale avanzata dalla commissione del ministero della Giustizia, ad esempio, continua a innescare “forti perplessità nel Movimento 5 Stelle”, come spiega l’ex sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi. I grillini puntano a rallentare l’iter, concentrando le forze sulla riforma del processo civile. E sul fisco non va meglio. “Far pagare di più a chi sta meglio è una proposta di buon senso”, sottolinea Speranza. Difficile però che la proposta passi con la Lega e Forza Italia nel governo. Sarà necessaria una forte opera di mediazione, altrimenti sarà Salvini ad avere la meglio.

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