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Cronaca

Giuseppe Roma: "Dialogo contro la rabbia, come negli anni del terrorismo"

NurPhoto via Getty Images
NurPhoto via Getty Images 

L’antidoto alla rabbia sociale che monta nel Paese esiste: “È il dialogo”, ripete Giuseppe Roma. Per chiarire meglio il suo pensiero, il sociologo, ex direttore generale della Fondazione Censis e oggi presidente del Centro di ricerca “Rur – Rete urbana delle rappresentanze” cita ad esempio la risposta dello Stato al terrorismo, alle tensioni che attraversavano il Paese negli anni di piombo. “L’ultima grande crisi interna vissuta dal Paese è stata quella ed è stata risolta con il dialogo”. 

La pandemia come il terrorismo, dottor Roma? Si tratta di fenomeni molto diversi.

Per certi aspetti la situazione che stiamo vivendo ricorda quella di quegli anni. Adesso, come allora, ci sono tanti morti, siamo il quarto Paese europeo per numero di morti per Covid e come allora bisognerebbe decidere di mettere fine a questa escalation. Tutti insieme. Si può farlo solo col dialogo. 

Dialogo tra chi?

Tra le forze politiche e tra le Istituzioni, le forze sociali e il Paese. Bisogna rassicurare le persone che lo sforzo richiesto a loro lo sta facendo anche chi su di loro ha responsabilità. Questo virus non è una stupidaggine, la situazione è delicata.

 La preoccupa?

Certo. Prima di tutto perché è una protesta di pressione, comprensibile ma temo non risolutiva. Sono preoccupato non si riesca a invertire il trend negativo dei contagi e che quindi aumentino i morti e che non riceva supporto adeguato chi ne ha più bisogno. Inoltre, non vedo segnali positivi rispetto alla necessità di prepararci adeguatamente alla vera ripresa quando avremo sconfitto il virus.

 La tensione che attraversa le piazze, la rabbia è esplosa per l’ultimo Dpcm o arriva da lontano?

Il disagio si è scatenato su un provvedimento del Governo che ha fatto guardare in faccia la realtà. Ma il problema non è su come deve essere un decreto. Su certe attività pende una possibile crisi, datata, che viene da lontano e va al di là della congiuntura attuale.

 Quali attività?

Penso al commercio al dettaglio, ma anche agli alberghi. Dobbiamo convincerci del fatto che l’economia riprenderà quando avremo sconfitto il virus, ma alcune categorie, come i precari, pagheranno lo scotto più alto di una situazione che era già delicata prima della pandemia.

 Come ci siamo arrivati?

Veniamo da dieci anni di bassa crescita. Prima che arrivasse il virus avevamo da recuperare il 4% del Pil dalla crisi del 2008 e nel frattempo la popolazione è un po’ aumentata, il numero degli occupati cresce a percentuali basse e la torta della ricchezza è diminuita. E non si può pensare che la soluzione stia esclusivamente nell’aiuto dello Stato. Anche perché pure il debito ha un limite. E c’è un’altra causa della rabbia che non viene tenuta nel giusto conto.

 Quale causa?

La nostra scarsa capacità a gestire i processi operativi, soprattutto nella Pubblica Amministrazione.

 Troppa burocrazia, insomma.

Troppa burocrazia, sì. Ammettiamo che le risorse per aiutare chi è stato penalizzato dal Covid ci sono, che lo Stato decide pure di indebitarsi, a causa del sistema burocratico, arrugginito e farraginoso, non siamo sicuri che arriveranno a destinazione.

 L’emergenza economica collegata al Covid potrebbe essere l’occasione per sbloccare questo sistema?

Credo che per uscire realmente da questa situazione servirebbe un’intelligenza collettiva che progetta il futuro, invece si agisce come calciatori che inseguono tutti insieme il pallone senza uno schema di gioco.

 

Progettare il futuro” quando l’oggi è rabbia e proteste?

Proprio così. Bisogna dare risposte alle emergenze sanitaria ed economica dell’oggi, ma dovrebbe esserci qualcuno che si occupasse e si preoccupasse della cosiddetta “pars construens”, cioè di elaborare una strategia di ripresa a lungo termine che, adeguatamente comunicata, possa rassicurare gli italiani oggi così disorientati.

Ha fatto riferimento a una comunicazione adeguata. Cosa va detto oggi agli italiani?

La gente oggi ha bisogno di verità, efficacia, tranquillità. Bisogna far capire che più si sta uniti meglio è, anche per l’economia. Insieme riusciremo a superare questa situazione mai vista prima.

La protesta si fermerà secondo lei?

È difficile che la rabbia si stemperi da sola, la protesta non scompare senza interventi adeguati. Ben vengano dunque aiuti e ristori - meglio sarebbe se fossero mirati e non “a pioggia” - che però non sono l’antidoto vero. Che, ripeto, è il dialogo tra le forze politiche e tra le Istituzioni e le forze sociali. Solo così, spiegando e creando lo spirito unitario che ci ha fatto già superare crisi come il terrorismo, riusciremo a fermare la protesta.

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