Scegli di capire.

Gedi Smile Abbonati
Inserti
Ancora su HuffPost
Guest
Tutte le sezioni

GEDI Digital S.r.l. - Via Ernesto Lugaro 15, 10126 Torino - Partita IVA 06979891006

Politica

Le nebbie sulla Fase 2

Le nebbie sulla Fase 2

Riaprire il Paese dopo il lockdown, sia pure gradualmente, sarà un’operazione assai complicata. Se ne riparlerà almeno dopo Pasqua, certo, ma per la Fase 2 manca ancora una strategia definita. La comunità scientifica guarda con preoccupazione e apprensione a ogni messaggio di apertura, di rilassamento, che viene rivolto alla popolazione. La Fase 2 sarà altrettanto complessa, richiederà certamente di osservare le regole anti Covid-19 altrimenti slitterà inesorabilmente in avanti: distanziamento sociale, evitare aggregazioni, lavarsi spesso le mani, indossare le mascherine, e così via. Ma sicuramente potrà essere un orizzonte solo nel momento in cui la curva dei contagi scenderà. Un discorso prematuro, per gli scienziati, mentre ancora si piangono 760 decessi e si registrano 4.668 contagi, anche se nel frattempo c’è un Paese segnato profondamente dall’epidemia dal punto di vista economico e sociale.  

“Non illudiamoci, il virus non scomparirà”, dice all’Huffpost Giovanni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità e componente del Comitato tecnico scientifico della Protezione civile. Dunque, senza un farmaco per la cura, non cambieranno le misure per cercare di evitare e contenere il contagio da Covid-19. Le regole che hanno scandito la fase uno segneranno anche la fase due. Quella della “convivenza con il virus”, come l’ha definita il premier Giuseppe Conte, annunciando la proroga al 13 aprile delle restrizioni in vigore. Il Comitato tecnico scientifico della Protezione civile, al quale il Governo ha affidato il compito di fornire indicazioni e suggerimenti - “l’evidenza scientifica” di cui anche ieri sera ha parlato Conte - sta ragionando su alcune strategie che potrebbero rivelarsi utili alla ripartenza dopo il lockdown. Stando a quel che risulta ad HuffPost, tra gli scienziati l’atmosfera è tutt’altro che rilassata, soprattutto alla luce di due fatti accaduti negli ultimi giorni, che, a loro avviso, dimostrerebbero come, nei fatti, proprio “il decisore politico” - così nel Comitato tecnico scientifico ci si riferisce a Governo e Regioni - sembra non tenere sempre in considerazione la delicatezza della situazione: come il pasticcio comunicativo sulle passeggiate con i bambini, oppure  l’inaugurazione - che tanti sui social hanno definito “un vero e proprio assembramento” - dell’ospedale alla Fiera di Milano, con decine di giornalisti e rappresentanti regionali.

Una preoccupazione che viene trasmessa, anche se “le scelte finali spettano comunque al Governo”. Punto, quest’ultimo, sul quale Walter Ricciardi, professore di Igiene, membro dell’Oms e del Cts e da fine febbraio consulente del Ministro della Salute, ci risponde in modo molto netto: “È un fatto obiettivo che il Comitato tecnico scientifico mette a disposizione dei decisori la migliore evidenza scientifica elaborata a supporto della decisione, che, alla fine, spetta alla politica”. Come a dire, non può esserci alcuno scaricabarile in termini di responsabilità delle scelte.

Al momento, il Cts ha deciso di avviare l’indagine di sieroprevalenza nazionale - i test sul sangue per capire quante persone sono state colpite dal coronavirus nel nostro Paese dei quali tanto si sta parlando negli ultimi giorni. “Il Comitato tecnico scientifico ha deciso di effettuarla”, conferma Rezza. Sarà condotta “su un campione ampio, rappresentativo della realtà nazionale”, ma non sono ancora state stabilite né le modalità per effettuarla né i tempi entro i quali si procederà a svolgerla. “C’è prima di tutto il problema di capire bene quanto sono affidabili i test sierologici, le loro caratteristiche - sensibilità e specificità - vengono analizzate proprio per comprenderne il livello di affidabilità”, puntualizza l’infettivologo. Ricciardi aggiunge: “È nostra intenzione avviare l’indagine quanto prima possibile, ed è importante farla, ma i test che circolano non danno completo affidamento, non possiamo correre il rischio di avere dati falsati”.

[[ge:#ge_oldMediumId:huffingtonpost:26001:25970]]

 

Tra gli obiettivi del Cts c’è anche quello di fornire ai governatori indicazioni su come portare avanti il lavoro in modo univoco, per scongiurare il rischio che ogni Regione proceda a modo suo. Oggi il ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, ha rilanciato sull’urgenza di avere “linee guida sanitarie sui test, che devono essere decise dal Comitato scientifico”, ma nel frattempo, dal Veneto alla Puglia, passando per l’Emilia- Romagna, le sperimentazioni stanno partendo o sono al via in gran parte del Paese. Mentre la Lombardia frena, con il governatore Attilio Fontana che dice “ci atterremo alla scienza” e l’assessore alla Sanità, Giulio Gallera, convinto non sia ancora il momento di avviare questa mappatura, perché “i kit che oggi sono a disposizione non danno risposte certe”. Insomma, le Regioni, come è già accaduto a proposito di altri provvedimenti attuati per fermare la diffusione del contagio, stanno andando in ordine sparso per testare quella che potrebbe rivelarsi una valida arma per la fase della riapertura. Sapere infatti quanti hanno sviluppato immunità al virus sarà cruciale. Talmente tanto che la Regione Lazio ha chiesto “una strategia nazionale unica. Siamo fortemente determinati ad attivare i test su ampio raggio - ha spiegato l’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato - ma è “assolutamente imprescindibile vi sia un’unica strategia nazionale per evitare di andare in ordine sparso e soprattutto anche un tetto tariffario per evitare speculazioni”.

Chi è immune potrà tranquillamente rientrare al proprio posto di lavoro e dunque i risultati dell’indagine di sieroprevalenza serviranno anche a programmare il rientro nelle fabbriche, nelle aziende, negli uffici? “Con delle misure di sicurezza il rientro al lavoro potrebbe essere già programmato, ovviamente dopo Pasqua. Ma va fatto con cautela”, risponde Rezza. Più cauto Ricciardi, che spiega: “Questo studio e la riapertura non sono collegate. Al Governo abbiamo sempre detto che bisogna valutare, di 15 giorni in 15 giorni, l’evoluzione della curva epidemica. E dunque la riapertura è condizionata all’andamento della curva, che in questo momento sta andando verso un appiattimento”.

Ma non basta, per gli scienziati, per pensare di cominciare a programmare un allentamento delle restrizioni adottate a partire dal 9 marzo scorso. Per farlo, “dobbiamo avere una curva epidemica in discesa - va avanti il professore, consulente del ministro Speranza - che registri una riduzione del numero dei contagi. E poi dobbiamo arrivare a un abbassamento dell’indice R0”. Vale a dire, l’indice di trasmissione del virus, “attualmente ancora superiore a 1”, sospira Ricciardi.

I dati registrano un aumento di 2.477 malati - in percentuale il dato più basso da un mese - ancora 760 decessi, i guariti raggiungono quota 18.278 (1431 in più in 24 ore) e solo l’11% di persone positive tra quelle a cui sono stati fatto i tamponi. I tamponi, altra questione assai dibattuta. Da settimane ci si continua a interrogare se farli in maniera estesa o mirata. Rezza e Ricciardi concordano sul fatto che vanno fatti in maniera mirata “ai sintomatici, anche lievi”. “È molto importante farli nelle aree a bassa incidenza di contagio - fa notare il direttore del dipartimento Malattie infettive dell’Iss - soprattutto se e quando si allenteranno le misure di distanziamento sociale. Ma certo dipende anche dalla disponibilità dei reagenti nei laboratori in cui devono essere analizzati. In Lombardia è stato difficile fare i tamponi anche ai sintomatici”. Alla questione dei tamponi è legata anche quella relativa alla sottostima dei dati rilevati sui contagi. “È logico che il sistema di sorveglianza risenta del fatto che non tutte le persone sintomatiche vengono testate. Perdiamo dei casi, ma ci possiamo fare poco - ragiona Rezza - Anche se ci sono Paesi, penso alla Svezia, in cui non vengono sottoposti a tampone neanche le persone che si presentano in ospedale. Personalmente ritengo che la sottostima dei casi notificati sia fenomeno comune a tutti i Paesi”.

La necessità di effettuare tamponi in maniera più massiccia si porrà con evidenza ancora maggiore alla riapertura. “Quando le misure di distanziamento sociale saranno ridotte si dovrà intervenire con maggiore forza su questo fronte”, prosegue Rezza, d’accordo con Ricciardi anche sull’importanza del “contact tracing”, cioè di seguire le catene del contagio.

Tutte questioni aperte che rendono ancora più complicate le decisioni da assumere per la fase due. “C’è la necessità di riavviare alcune attività produttive, lo comprendiamo, ma bisogna farlo gradualmente e con attenzione”, aggiunge l’infettivologo, invitando ad “essere cauti nell’ottimismo”. Attenzione, cautela massima: sono questi gli imperativi ai quali il Governo dovrà ispirare la propria azione nel periodo in cui si dovrà convivere con il Covid-19. Perché, è certo, “non illudiamoci, il virus con scomparirà”.

I commenti dei lettori
Suggerisci una correzione