Economia

Piscine, palestre e teatri: come funzionano i rimborsi

I voucher restano l’opzione preferita dagli esercenti ma, a oggi, non sono più previsti a norma di legge. Possono essere offerti, non imposti. Come comportarsi? Parola agli esperti
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Non è il lockdown di marzo, ma per alcuni aspetti ci si avvicina. Per effetto del nuovo decreto del presidente del Consiglio palestre, piscine, teatri e cinema hanno di nuovo chiuso. Quello che si riapre è invece il tema dei rimborsi per chi ha sottoscritto abbonamenti. Il Dpcm è arrivato quasi a fine mese togliendo così ogni impaccio a chiunque avesse un abbonamento mensile: basterà semplicemente non rinnovarlo a novembre per non regalare denaro. Tutti gli altri si trovano in una sorta di limbo. In ogni caso, il consiglio per chi sa già di non voler/poter più tornare in palestra, in piscina o a teatro è quello di chiedere subito il rimborso, fornendo una prova del motivo per cui non intende continuare.

Tempo scaduto. La strada tracciata è quella dei decreti dei mesi scorsi, Cura Italia e Rilancio, che hanno introdotto e poi affinato il meccanismo dei voucher anche per palestre e piscine. Una strada che però in questo momento non è praticabile. Perché la legge 77 del 2020, quella che ha convertito in legge il dl Rilancio, prevede 30 giorni di tempo per chiedere il rimborso e ulteriori 30 per emettere un voucher. I trenta giorni, però, partivano dall'entrata in vigore della legge, cioè il 19 luglio. Termini scaduti.

Rimborso sì, ma... E quindi? In mancanza di leggi d'emergenza vale un articolo del Codice civile citato dalla stessa legge 77: è il 1463 e dice che, nel caso in cui ci sia l'impossibilità oggettiva di dare seguito a quanto previsto dal contratto, il cliente debba essere rimborsato. "Il nuovo Dpcm è un fatto giuridico nuovo che cambia il contesto originario nel quale si collocava l'accordo impedendone materialmente l'esecuzione. Si rientra perciò nell'ambito dell'impossibilità oggettiva. Il cliente ha quindi pieno diritto a chiedere il rimborso" spiega Fabrizio Tronca, legale di AvvocatoAccanto.com. Tutto risolto? Niente affatto. Perché se la controparte si rifiuta di rimborsare, non c'è altra strada che il contenzioso giudiziario. Con esiti non scontati: "Siamo in un territorio vergine: non ci sono precedenti analoghi cui fare riferimento - continua Tronca - sia perché non si era mai verificata una pandemia, sia perché questo susseguirsi di Dpcm è un fenomeno giuridico nuovo".


Alcune cause pilota sono già partite e riguardano palestre che o non hanno rimborsato o hanno emesso voucher alle proprie condizioni. Alcune ad esempio condizionavano l'emissione del voucher al rinnovo dell'abbonamento. Una causa è partita dai legali di Avvocatoaccanto, altre da Unione nazionale consumatori (Unc). Ma serviranno ancora diversi mesi prima di arrivare a sentenza. "Penso che il governo dovrà riattivare la normativa d'emergenza e mi aspetto che questo accada presto" spiega Massimiliano Dona, presidente di Unc. "Ci sono molti consumatori che a gennaio avevano pagato un abbonamento annuale e ora si trovano al secondo stop. Alcuni vorrebbero recedere da questo contratto perché nel frattempo sono cambiate le condizioni. In teoria ne hanno tutto il diritto, ma non abbiamo precedenti. Purtroppo in questo momento possiamo fare solo ipotesi".

Di parere simile anche Domenico Romito, di Avvocati dei consumatori: "Mi aspetto che il governo preveda forme di ristoro per tutto il settore colpito. E tra queste ci saranno anche i voucher, che vengono incontro più alle aziende che alle esigenze dei consumatori. Nell'attesa di un nuovo decreto, vale la norma di carattere generale". Cioè il Codice civile.


E se torna il voucher? Restiamo nel campo dei "se". Se ci sarà un "decreto voucher" e se ricalcherà quelli della scorsa primavera, ai consumatori non rimarrà scelta se non quella di accettare il buono. Ma anche in questo caso, non c'è nulla di scolpito sulla pietra. "Alcuni consumatori possono non avere più interesse o essere impossibilitati ad andare in piscina, palestra o a teatro. Magari perché si devono trasferire, o perché hanno cambiato lavoro, hanno avuto un figlio e non hanno più tempo... ogni caso è diverso, ma bisogna comunque dimostrare questa perdita di interesse" spiega ancora l'avvocato Tronca, che precisa: "La pandemia penalizza tutti, quindi l'ottica deve essere sempre quella di venirsi incontro. Ma se la controparte rifiuta di rimborsare o di risolvere il contratto, trattandosi spesso di questioni da poche centinaia di euro, non c'è mediazione civile obbligatoria: ci si rivolge direttamente al giudice di pace. Se la vertenza supera i 5.000 euro di valore, occorre adire al tribunale".