Politica

Il caso

Crisi di governo, nel Pd cresce la fronda pro-Renzi: "Ricuciamo, senza ultimatum"

Nicola Zingaretti, segretario del Pd 
Da Orlando a Bettini si rinnovano gli allarmi sul rischio-urne: "Esito inevitabile dello stallo". Ma una parte dei dem non ci sta: "Ci sono altre vie"
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ROMA - Superare lo scoglio del voto sulla relazione Bonafede. Evitare a ogni costo lo showdown con Renzi in Senato, dove il governo rischia di cadere. Guadagnare tempo prezioso per spaccare i gruppi dei Italia viva e cercare di riempire il carniere dei responsabili, ancora desolatamente vuoto.
È una strategia a doppio binario — stoppare pubblicamente ogni tentativo di riconciliazione e sottotraccia trattare con Iv per scongiurare l’irreparabile — quella messa in campo al Nazareno per attraversare indenni le forche caudine delle comunicazioni in aula sulla giustizia. Che "non è un passaggio burocratico ma politico, e come tale va affrontato da parte di tutti", avverte Andrea Orlando, il vicesegretario dem che, in tandem con Goffredo Bettini, in questo drammone sulla crisi recita la parte del poliziotto cattivo. Tradotto significa che mercoledì (o più probabilmente giovedì) sarà il giorno del giudizio per il Conte 2.

E dunque anche il premier deve impegnarsi di più per costruire la famosa quarta gamba senza la quale l’esecutivo muore. Bonafede ha l’obbligo di ammainare la bandiera del giustizialismo ("Dia un segnale alle forze a cui si chiede di dialogare, altrimenti si va a sbattere"). E Renzi guardarsi bene dal votare contro: se lo fa si va dritti alle urne, che "non è l’obiettivo del Pd", precisa Orlando per tenere a freno la truppa parlamentare in pressing per ricucire con Iv pur di salvare la legislatura, ma "l’esito inevitabile" dello stallo.

Vissuto però da un bel pezzo di partito con insofferenza crescente, resa esplicita anche a costo di mettere in dubbio la linea della fermezza inaugurata dai vertici. "Renzi ha aperto la crisi con il rischio di portarci alle elezioni, il Pd lavora per scongiurarla, rafforzando la maggioranza e rilanciando l’azione di governo", manda un messaggio chiaro Alessandro Alfieri, coordinatore nazionale di Base riformista. Perché "a colpi di ultimatum non si va da nessuna parte", taglia corto Marianna Madia, che propone piuttosto di "ripartire dai temi — campagna vaccinale, gestione dell’epidemia, Recovery — e verificare le condizioni per un accordo politico serio, leale e affidabile" con gli ex compagni. E se poi "Conte non dovesse farcela", si pensi ad altre vie "percorribili" invita l’ex ministra.


Ma da quest’orecchio i “cattivi” non intendono sentire. "Le urne sono più vicine", insiste Nicola Oddati. "Alzi la mano chi ha il coraggio di dire che Renzi può garantire stabilità e durata a un governo", graffia un deputato zingarettiano. Lui "voleva solo commettere un omicidio politico del Pd", punta il dito Orlando. Perciò è impossibile far pace, figurarsi sostituire il premier: "Il crollo di Conte sarebbe la fine di questa maggioranza e di un’alleanza che rappresenta l’unica alternativa al campo sovranista. Per evitare il voto dobbiamo lavorare sui parlamentari di Iv che non se la sentono di passare all’opposizione con Salvini". È ancora la campagna acquisti la strada maestra. Almeno ufficialmente.

Indossata la divisa del “poliziotto buono”, Dario Franceschini ha infatti ripreso i contatti con Renzi, interrotti dopo il ritiro delle ministre. E lui, tra bastone e carota, pare gli abbia notificato un paio di telegrammi: se voti contro il governo Iv si spacca e tu non avrai futuro. Se ti astieni, si può tentare un riavvicinamento, magari non subito, domani chissà. In fondo converrebbe a tutti: al Conte II senza maggioranza e a Italia viva che rischia di scomparire.

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